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Tasca ripiena – Ricetta di Misya

Tasca ripiena - Ricetta di Misya

Preparate la frittata: sbattete le uova con sale, parmigiano, prezzemolo ed erba cipollina tritati, quindi unite la scamorza a pezzetti.

Cuocete come una normalissima frittata, in una padella antiaderente con un filo d’olio, girandola delicatamente con una spatola non appena il composto si sarà rappreso.

Arrotolate la frittata e inseritela dentro la tasca, sigillandola poi con dello spago da cucina (o degli stuzzicadenti) in modo che non fuoriesca in cottura.

Fate dorare l’aglio con l’olio in una casseruola abbondante, quindi fate rosolare anche la carne, per 10-15 minuti, girandola da tutti i lati per sigillarli tutti, poi sfumate con il vino bianco e, una volta evaporato, aggiungete il brodo.

Aggiungete la passata, salate e cuocete a fiamma moderata per 20-25 minuti, girandola a metà cottura e irrorandola ogni tanto con il sugo.

La tasca ripiena è pronta, non vi resta che servirla, naturalmente con tuto il suo buonissimo condimento al pomodoro, tagliata a fette un po’ spesse, ricordandovi di eliminare lo spago.

Sac à poche, la tasca da pasticciere: come usarla

La Cucina Italiana

Se non avete la dimestichezza di un professionista, prendete il bicchiere del frullatore a immersione e inseritevi la tasca, rivestendo i bordi del vaso con il sacchetto, in modo che rimanga ben aperto. Sarà facile così riempirlo, senza sporcarvi.

La bocchetta

Se avete deciso di utilizzare una bocchetta, inseritela nella tasca prima di riempirla, poi tagliate la punta della tasca quanto basta per fare uscire la bocchetta. 
Se non utilizzate immediatamente il ripieno, potete rincalzare la tasca all’interno della bocchetta, come mostrato nella foto.

Come “chiudere” la bocchetta della sac à poche

In questo modo il ripieno non fuoriesce, e voi potrete chiudere la sac à poche anche in alto e riporla in frigorifero fino al momento dell’utilizzo: basterà tirare la bocchetta e schiacciare il ripieno dall’alto, per farlo fuoriuscire. 

A che cosa serve

La sac à poche si può utilizzare per creare decorazioni di panna montata sulle torte. Alcune, come la Saint-Honoré hanno una bocchetta specifica, che prende proprio il nome del dolce, che con il suo taglio obliquo consente di creare le classiche quenelles.  Indispensabili per preparare le meringhe, di varie forme, si utilizzano anche per farcire i bignè, le brioche e i bomboloni, ma anche per distribuire gli impasti sulle placche, per fare crocchette di vario genere (di patate, di verdure) o per distribuire il ripieno dei ravioli. Insomma, gli utilizzi sono innumerevoli.  

Un viaggio a Villa Tasca

Un viaggio a Villa Tasca

C’erano vassoi e vassoi di cupole di  brioche salate, farcite di crema di formaggio, besciamella e prosciutto; c’erano grandi pâté di fegato in gelatina tempestati di rondelle di tartufo; c’erano le «uova alla monacale», con il tuorlo impastato con la salsa bianca, poi impanate e fritte. Più avanti troneggiava il timballo di cappellini, gli spaghetti molto sottili docili nel seguire ogni fantasia culinaria; poi i grandi pesci e i pasticci di carne riccamente decorati. Ma la cosa straordinaria era che tutto era stato fatto in casa. D’altra parte, per quanto imponente l’impegno, bisogna dire che in famiglia tra fratelli, sorelle, cugini, figli, nipoti, siamo una quarantina, e che del pranzo di Natale, che ci vede riuniti ogni due anni, si comincia a parlare già a metà novembre. Particolarmente coreografica era la sezione dei dolci. Una grande bavarese dava il tono alla presentazione. Seguivano le sfince di San Giuseppe, le frittelle palermitane coperte di crema di ricotta, gocce di cioccolato, pistacchi tritati, ciliegie e scorze d’arancia candite. C’erano, soprattutto, i cannoli farciti con la ricotta delle pecore di Regaleali, davanti ai quali non c’era invitato che riuscisse a resistere, e – last but not least – la gelatina di mandarini di Mario (ricetta gelosamente custodita) ottenuta con una miscela di Almerita Brut, succo e buccia di mandarino tritata, presentata nel frutto svuotato.
Abbado era a tavola coi nonni e la zia Costanza. Io, cercando di essere conversevole, riuscii a fare in pochi secondi un paio di gaffe. Ma grazie all’opportuno calcio sotto il tavolo di una mia amica e alla magia della villa e dei brindisi col Nozze d’Oro con cui il nonno aveva celebrato nel 1984 i cinquant’anni di matrimonio e la storia della Tenuta, confido siano passate inosservate.

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