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Come fare la piadina col friggione, classico antipasto romagnolo

La Cucina Italiana

Mai sentito parlare del friggione? È una tipica salsa romagnola, che richiede una lunga cottura e si serve con la classica piadina. Da preparare con cipolle e pomodori, richiama l’estate ed è davvero gustosa. Ci regala la ricetta del suo friggione la signora Flavia Valentini di Ozzano dell’Emilia (Bologna). Ex infermiera, Flavia è diventata celebre per aver ideato e brevettato un nuovo formato di pasta, gli Imbutini (per la loro forma che richiama piccoli imbuti), partendo da un misterioso strumento trovato in un mercatino nel 2013. Siete curiosi? Vi raccontiamo la sua storia sul numero de La Cucina italiana di maggio, ora in edicola. Nel frattempo, qui trovate un grande classico degli antipasti emiliani.

«La ricetta del friggione risale al 1886 ed è così tipica che è stata depositata presso la Camera di Commercio di Bologna: nel corso degli anni ha subito varie modifiche tra cui quella di usare l’olio extravergine al posto dello strutto, cosa che spesso faccio anch’io», ci racconta lei. Preparatelo in abbondanza e conservatelo in vasetti: vi accompagnerà per tutto l’anno.

Piadina romagnola

Ingredienti per 5 piadine

500 g farina 00
250 g latte
50 g strutto
10 g sale fino
1 bustina lievito per torte

Procedimento

Sciogliere lo strutto nel latte tiepido, aggiungere il sale, impastare energicamente per qualche minuto con la farina e il lievito. Dividere l’impasto in 7-8 palline, quindi stenderlo con il matterello fino ad arrivare a 3-4 mm di spessore. Cuocere in una padella antiaderente ben calda e cuocere 2-3 minuti, quando si colora girare e completare la cottura.

Friggione

Ingredienti per 8-10 vasetti

3 kg cipolle bianche
250 g pomodori pelati
10 g di strutto
sale grosso
zucchero

Procedimento

«Mondate, pelate e affettate sottilmente le cipolle, affettatele sottilmente, conditele con 1 cucchiaino di zucchero e 1 cucchiaio di sale grosso e mettetele a macerie dalle 2 alle 4 ore. Versate le cipolle e il liquido che avranno rilasciato in un tegame largo e fate rosolare lentamente con lo strutto e fate cuocere finché non diventeranno di un bel biondo dorato, sfumando di tanto in tanto con un po’ d’acqua per evitare che si attacchino. Tritate grossolanamente i pelati, quindi fate cuocere per altre due ore a fuoco moderato, mescolando frequentemente: dovrete ottenere una salsa cremosa».

Pane frattau: la ricetta sarda col pane carasau

La Cucina Italiana

A una prima occhiata potrebbe sembrare quasi una pizza un po’ strana, ma guardate più da vicino: questo è pane frattau (o pane fratau, con una sola t), un piatto della tradizione sarda, originario della Barbagia, zona centrale della Sardegna.

Il pane frattau consiste in una base di pane carasau ammorbidito nel brodo e condito con pomodoro, l’immancabile pecorino e un uovo cotto in camicia. Una ricetta semplice e antica, da provare a casa con alcuni consigli preziosi da parte di chi lo prepara ogni giorno. Ma partiamo dalle origini.

Pane frattau: origine

Secondo la leggenda, il pane frattau fu inventato dalle massaie sarde in occasione della visita in Sardegna del re Umberto I, per sorprenderlo con i pochi ingredienti che avevano a disposizione: pane carasau, conserva di pomodoro, pecorino grattugiato e uova del pollaio. Un piatto povero che entrò presto a far parte della tradizione dell’Isola.

La storia del pane frattau è da ricercare anche nel suo nome, che ne svela l’anima anti spreco. Fratau significa infatti grattugiato o ridotto in pezzi: in origine, i pastori in transumanza portavano con sé il pane carasau, l’acqua e un pezzo di pecorino o di salsiccia, il tutto riposto nella taschedda, un piccolo zaino in pelle; al ritorno a casa, il pane carasau che si era rotto in piccoli pezzi veniva recuperato proprio in questo modo, bagnandolo nell’acqua o nel brodo per ammorbidirlo e abbinandolo ai semplici ingredienti della tradizione contadina.

Pane frattau: ricetta

Come si prepara il pane frattau? L’abbiamo scoperto in un luogo dove il pane è protagonista: la Panefratteria di Sassari, una vera e propria trattoria del pane, guidata dal cuoco Paolo Pintus. Pane fratau, zuppa gallurese e zichi, tipico pane sardo, sono alcune delle specialità da assaggiare, ricette tramandate grazie alla passione di suo padre Giovanni e all’esperienza nel suo storico ristorante Li Lioni di Porto Torres, aperto 40 anni fa e guidato ancora oggi dagli altri fratelli Pintus.

La ribollita, la zuppa toscana fatta col cavolo nero

La ribollita, la zuppa toscana fatta col cavolo nero

Fatta di cavolo nero, pane e fagioli cannellini, è un vero e proprio comfort food, più buono ancora il giorno seguente alla sua preparazione.

La ribollita è una zuppa a base di cavolo nero, fagioli cannellini e crostoni di pane, tipica della Toscana e simbolo della cucina povera. Era diffusa soprattutto nelle province di Arezzo, Firenze e Pisa, e costituiva il piatto principale delle fredde sere invernali. Trattandosi di una pietanza povera, della tradizione contadina, è sempre stata cucinata in moltissimi modi, ma ingredienti come il cavolo nero o il pane senza sale toscano hanno sempre fatto parte di questa ricetta.

La ribollita nella storia

Le origini di questa zuppa sono da rintracciare nel mondo contadino, quando la povera gente recuperava le grandi fette di pane su cui i signori volevano che fosse servita la carne. Questo pane, insaporito dall’aroma della carne, veniva fatto cuocere nel brodo, insieme con un misto di erbe e verdure che si trovavano nelle campagne: carote, sedano, erbette e cavolo nero. La zuppa era così cotta e riscaldata più volte, perché doveva durare per più giorni. Da qui il nome con cui è tutt’ora conosciuta.

Variazioni della ribollita

Come ogni ricetta popolare, anche la ribollita può vantare una lunga serie di varianti. Soprattutto per ciò che riguarda le verdure da accostare a cavolo nero e verza. Zucchine, piselli e patate sono gli ingredienti più spesso aggiunti alla zuppa. Spesso si trovano ricette in cui compare un pane rustico, non necessariamente sciapo. Per finire, quando la si consuma il giorno seguente, viene servita con un soffritto di cipolla che viene aggiunto dopo averla “ribollita”, insieme a una spolverata di pepe nero e a un filo di olio extravergine.

La ricetta della ribollita

Ingredienti

700 g cavolo nero, 300 g fagiolini cannellini, 50 g carota, 50 g sedano, 50 g cipolla, 2 pomodori e 1 cucchiaio di concentrato, 500 g erbette, 150 g verza, sale, pepe, olio extravergine di oliva, pane toscano.

Procedimento

Per preparare la ribollita ammollate i fagioli cannellini in acqua per 12 ore, sciacquateli, scolateli e lessateli (partite da acqua fredda) facendoli sobbollire per 45’. Tagliate poi in minuscoli dadini sedano, carota e cipolla; pulite le erbette dividendo le foglie dai gambi, poi tagliate entrambi finemente. Pulite il cavolo nero e la verza e tagliateli a striscioline. Mettete in una pentola di coccio 3-4 cucchiai di olio, sedano, carota e cipolla e i gambi delle erbette. Rosolate tutto insieme per 10’, finché le verdure non si ammorbidiscono, quindi unite le foglie delle erbette, il cavolo, la verza, i pomodori affettati e il cucchiaio di concentrato. Fate insaporire bene nel soffritto per 10’, poi coprite con il brodo e cuocete con il coperchio per 15‑20’. Aggiungete 4 mestoli dell’acqua di cottura dei fagioli, per legare un po’ la zuppa. Frullate un terzo delle verdure in cottura insieme a metà dei fagioli, poi rimettete la crema ottenuta nella pentola di coccio, insieme con i fagioli rimasti. Aggiustate di sale e cuocete ancora per 40’, spegnete e servite la ribollita in cocotte di coccio con 2 fette di pane toscano ciascuna, bene inzuppate, completando con un filo di olio crudo e pepe.

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