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Zeppole di San Giuseppe al pistacchio

Zeppole di San Giuseppe al pistacchio

Innanzitutto preparate la pasta choux: fate sciogliere il burro con l’acqua in una pentola dal fondo spesso, quindi inglobate la farina tutta in una volta, mescolando energicamente con un cucchiaio di legno finché il composto non inizierà a staccarsi dalle pareti.
A quel punto togliete dal fuoco e lasciate raffreddare, poi incorporate le uova 1 per volta, senza aggiungere il secondo finché il primo non sarà completamente incorporato, quindi trasferite il composto in una sac-à-poche dal beccuccio a stella non troppo sottile.

Create le zeppole sulla teglia del forno rivestita di carta forno, non troppo grandi (7-8 cm di diametro) e ben distanziate tra di loro, e cuocete in forno ventilato preriscaldato a 200°C per 10 minuti, poi abbassate la temperatura a 180°C e cuocete ancora per 15-20 minuti, infine sfornate e lasciate raffreddare completamente.

Quando le zeppole saranno ormai fredde preparate la farcia: amalgamate mascarpone e crema di pistacchi con le fruste elettriche, poi unite metà della panna e montate ancora con le fruste fino ad ottenere un frosting gonfio e omogeneo.

Trasferite il frosting in una sac-à-poche pulita, sempre con il beccuccio a stella, tagliate le zeppole a metà orizzontalmente e farcitele.

Infine montate la panna rimasta e decorate le zeppole con un ciuffetto di panna e un po’ di granella di pistacchi.

Le zeppole di San Giuseppe al pistacchio sono pronte, non vi resta che gustarvele.

Allan Bay e l’elogio del mangiare con le mani: intervista

La Cucina Italiana

Giornalista gastronomico, storico, scrittore, Allan Bay ha appena messo nero su bianco in un libro ciò che in molti (se non tutti) pensiamo, ma che spesso non abbiamo il coraggio di dire. Almeno non in pubblico (perciò, figuriamoci di fare!). Ha ricordato che mangiare con le mani è uno dei grandi piaceri della vita, e come e perché dovremmo farlo ogni volta che possiamo, salvo rare e eccezioni che rendono impossibile l’utilizzo del pollice e dell’indice per toccare il cibo, annusarlo e portarlo alla bocca.

Si intitola Elogio del mangiare con le mani (Il Saggiatore): chiaro sin dal titolo, è un colto e divertente viaggio storico e antropologico che sdogana questo gesto così appagante che nei secoli le convenzioni sociali hanno fatto apparire “esotico”. Anzi – diciamolo pure – in certe circostanze un po’ maleducato.

Come scoprirete leggendolo, fino a poco tempo fa le forchette non esistevano nemmeno: sono arrivate sulle tavole della borghesia europea solo nell’800, dopo essere state inventate in Cina. Poi il galateo ha cominciato a dettare le regole limitando a una ristrettissima cerchia i cibi mangiabili senza le posate. Una faccenda, anche questa, rimasta tutta occidentale, considerato che c’è mezzo mondo – con tanti Paesi asiatici e africani a fare da capofila – che delle posate fa spesso e volentieri a meno. Allan Bay racconta anche questo e, per passare dalla teoria alla pratica, suggerisce man mano gustose ricette da «conlemanisti». O meglio, come spiega in questa intervista, «indicazioni», che di certo rendono ancora più piacevole la lettura del suo primo libro «personale».

Intervista a Allan Bay

Perché è un libro “personale”?
«Riguarda una mia passione che pochi dei miei amici, quelli veri, conoscono: mangiare con le mani, appunto. Ho scritto tanti libri, specie ricettari, che in quanto tali di base avevano un’oggettività. Questo libro è diverso proprio perché parla di me».

Cosa rende così piacevole mangiare con le mani?
«Da bambini si scopre il mondo – e quindi anche il cibo – anzitutto con il tatto e con l’olfatto, e questo contatto fisico con ciò che si mangia resta il massimo godimento. Però con il tempo si tende a privarsene perché crescendo insegnano che bisogna usare le posate: ci si rinchiude negli schemi. Lo scopo del libro è uscire fuori da questi schemi e sdoganare, quando possibile, questo grande piacere di mangiare con le mani».

In quanti vorrebbero farlo ma non hanno il coraggio di farlo o anche solo di dirlo?
«Non lo so. So però per certo che diversi dei miei amici amano mangiare con le mani e che in tanti usano le posate anche in casi in cui non ce ne sarebbe bisogno. Penso ad esempio a quanti mangiano la pizza con forchetta e coltello e agli sguardi attoniti dei pizzaioli mentre lo fanno. E poi a Napoli anche gli spaghetti una volta venivano mangiati con le mani: ricorda Totò?»

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