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Ricetta Tagliatelle di farina di castagne con panna, guanciale e prugne

Ricetta Tagliatelle di farina di castagne con panna, guanciale e prugne

Le Tagliatelle di farina di castagne con panna, guanciale e prugne sono una ricetta creata per noi da Franco e Anna Cimini dell’Antica Osteria del Mirasole a San Giovanni in Persiceto (BO), un’istituzione da oltre trent’anni, appena premiata come seconda trattoria migliore d’Italia dalla guida 50 Top Italy.

Un primo piatto indimenticabile, preparato con la loro celeberrima panna di affioramento e il Parmigiano Reggiano Dop prodotto dalla famiglia di lei – i Caretti, casari da generazioni – che tra i vari premi ha appena vinto, nuovamente, il World Cheese Awards, per il quaranta mesi.

Scoprite la ricetta e provate anche: Spaghetti di castagne alla chitarra con zucca, salsiccia e porcini, Tagliatelle con panna e funghi misti.

Farina bòna: tutto sull’ingrediente “difficile” di MasterChef 13

La Cucina Italiana

Che cos’è la farina bòna? Come si usa? Ieri sera, a MasterChef, i concorrenti, nella Golden Mystery Box, hanno trovato un assortimento di ingredienti di colore giallo: oltre a formaggio cheddar, finferli, senape, mela gialla, curcuma, maracuja e petit pâtisson (o zucchina patissone), c’era anche la farina bòna. Dal momento che è ancora poco conosciuta, però, gli aspiranti chef in gara non sapevano bene come poterla utilizzare.

Che cos’è la farina bòna?

In effetti, la farina bona – un prodotto tradizionale della Valle Onsernone, una delle più impervie del Canton Ticino, a pochi chilometri da Locarno – per qualche decennio è rimasta nel dimenticatoio. Fino a quando Ilario Garbani Marcantini, maestro di scuola elementare a Intragna, insieme al Museo Onsernonese, ha riscoperto e valorizzato questa preziosa farina di granoturco, che si ottiene macinando molto finemente la granella tostata.

La sua storia

Si racconta che la prima a produrla fu una mugnaia di Vergeletto di nome Annunziata Terribilini, detta Nunzia, che faceva con il mais (lo stesso che viene utilizzato per la produzione di polenta, proveniente dal Piano di Magadino) quello che, tradizionalmente, si faceva con la segale: una bella tostatura in una padella fino a fare scoppiare i chicchi, che poi macinava finemente per ottenere una farina dal gusto unico. La farina bona si caratterizza anche per il tipo di macinatura, molto fine, grazie all’impiego di macine speciali, lisce, come quelle dei mulini, ormai in rovina, di Vergeletto.

Un tempo, la farina bòna faceva parte dell’alimentazione degli onsernonesi, che la consumavano accompagnata a latte, freddo o caldo, acqua o vino, o sotto forma di minestra, la poltina. Ma il cambiamento delle abitudini alimentari del secondo Dopoguerra ha ridotto progressivamente la presenza di questo ingrediente. Alla fine degli anni ’60, anche l’ultimo mugnaio onsernonese ha lasciato il suo lavoro, e della farina bona non si è più parlato per tanto tempo. Solo nel 1991 e nel 2013 sono stati riavviati i mulini di Loco e Vergeletto, che hanno ripreso a macinarla.

Gluten free, per moda o per davvero?

La Cucina Italiana

Gluten free? Sì, ma solo se viene diagnosticata da un medico la celiachia. Oggi alcuni dati scientifici dell’Associazione Italiana Celiachia (AIC), usciti in occasione della settimana dedicata alla patologia, riportano che sono 6 milioni gli italiani che si considerano affetti da tale patologia seguendo, in realtà, falsi miti e spendendo vogni anno 105 milioni di euro per l’acquisto di cibi senza glutine a loro non necessari. 

Il mercato del no-glutine è in ascesa, con una crescita di fatturato e proseliti spinti anche dalle celebrità del mondo dello spettacolo: da Gwyneth Paltrow a Victoria Beckham e Lady Gaga, sono infatti tante le star che hanno scelto il gluten-free. Non sono celiache, ma non portano in tavola nulla che contenga glutine, convinte di guadagnare così in salute e restare in forma

Celiaci in Italia: i dati

Nel nostro Paese ogni anno si spendono 320 milioni di euro per prodotti senza glutine, ma di questi solo 215 derivano dagli alimenti erogati per la terapia dei pazienti celiaci, stando ai dati Nielsen diffusi dall’Associazione Italiana Celiachia (AIC) in occasione della Settimana Nazionale (avvenuta a maggio), dedicata quest’anno alla nutrizione e all’educazione alimentare per vivere al meglio una dieta che per i celiaci non è una scelta alimentare, ma l’unica terapia possibile.

«Nessuna ricerca» – spiega Giuseppe Di Fabio, presidente AIC, «ha finora dimostrato qualsivoglia effetto benefico per i non celiaci nell’alimentarsi senza glutine, anzi. Gli studi scientifici stanno ampiamente dimostrando che in chi non è celiaco l’esclusione del glutine è inutile». Come evidenziano dati appena pubblicati dal British Medical Journal, aggiunge Marco Silano, direttore del Dipartimento Nutrizione dell’Istituto Superiore di Sanità, «uno studio che ha seguito oltre 110mila uomini e donne per 26 anni ha inoltre dimostrato che nei non celiaci l’esclusione del glutine non riduce il rischio cardiovascolare, come alcuni sostenevano».

La dieta senza glutine è invece essenziale per i pazienti celiaci: in Italia si stimano circa 600mila casi, pari all’1% della popolazione, ma i diagnosticati a oggi sono appena 190mila. Il Servizio Sanitario Nazionale eroga ai pazienti celiaci i prodotti dietetici senza glutine fino a un tetto massimo di 90 euro/mese per paziente. «I celiaci hanno faticosamente conquistato diritti e tutele che però» avverte l’Aic, «rischiano di essere messi in discussione dal diffondersi della moda del senza glutine tra i non celiaci, che banalizza la malattia». I veri celiaci, invece, hanno spesso difficoltà anche nel mangiare fuori casa. Un aiuto arriva dal progetto Alimentazione Fuori Casa di AIC: sono più di 4mila i ristoranti, pizzerie, alberghi, gelaterie e laboratori che, in tutta Italia, hanno seguito un percorso di formazione da parte di AIC sulla celiachia. L’elenco completo è consultabile sul sito www.celiachia.it.

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