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Lorella Cuccarini, dieta e allenamento: pronta per Sanremo 2024

La Cucina Italiana

Durante la terza serata del Festival di Sanremo 2024, ad affiancare Amadeus e scendere dalle scale del Teatro Ariston, ci sarà Lorella Cuccarini, non nuova al festival della canzone italiana, perché già sul palco trent’anni fa, prima come valletta poi come cantante. La prima esperienza a Sanremo è stata nel 1993 come valletta, accanto a Pippo Baudo. La seconda volta, due anni dopo, come cantante e si piazzò al decimo posto. Così, sulla chiamata di Amadeus per Sanremo 2024, ha spiegato al Corriere della Sera, che non ci ha pensato un secondo ad accettare, salvo chiedere il permesso a Maria de Filippi in quanto impegnata come insegnante di canto ad Amici.

I co-conduttori di Sanremo 2024, da sinistra Teresa Mannino, Giorgia, Lorella Cuccarini, Fiorello (@lcuccarini)

Una vita sul palco

Lorella Cuccarini appare per la prima volta in TV nel 1978 nel varietà Ma che sera. Nel 1985 viene notata da Pippo Baudo e inizia al suo fianco la carriera da showgirl in Fantastico e l’anno successivo pubblica Lorel, il suo primo album. Dal 1987 (e per i successivi 16 anni) è il volto della campagna pubblicitaria delle cucine Scavolini. Nel 1989 la sua canzone più famosa, La notte vola, viene usata come sigla del programma di Canale 5, Odiens. Nei primi anni ‘90 conduce due edizioni di Buona Domenica, mentre nel ’92 debutta come attrice nella miniserie Piazza di Spagna. A seguire fino agli anni recenti: nel 2015 è giudice speciale della quattordicesima edizione di Amici di Maria De Filippi, programma nel quale ritorna nel 2020 come insegnante di danza e l’anno successivo come insegnante di canto, anche nell’edizione 2023.

La più amata dagli italiani

Lorella Cuccarini resta una delle donne dello spettacolo tra le più ammirate e seguite di sempre. Sarà perché buca lo schermo con quella carica di energia e positività che riesce a trasmettere attraverso il magnifico sorriso: a 58 anni, 3 gravidanze e 4 figli (di cui due gemelli), una carriera variegata e sempre in evoluzione, è ancora la più amata dagli italiani – Amadeus e Pippo Baudo possono scommetterci.

Croissant cubo: perché ne andiamo pazzi e dove assaggiarlo

La Cucina Italiana

L’ultima dolce novità è il «cube croissant»: sì, il croissant cubo. Non più a forma di cornetto, come lo pensarono gli austriaci nel 1683 per commemorare la vittoria contro l’Impero Ottomano (ricordando la forma di mezzaluna della bandiera turca), e come lo rifecero i francesi in occasione del matrimonio tra Luigi XVI e Maria Antonietta d’Austria, aggiungendo più burro e ribattezzandolo «croissant» (da «crescent», cioè crescente). Ora la brioche ha proprio la forma accattivante e stilosa di un parallelepipedo, e questo l’ha resa il dolce perfetto anche per i social. Se è così famosa è proprio perché è diventata virale: su TikTok ci sono quasi 80 milioni di video con l’hashtag #cubecroissant, tra post di assaggiatori e pasticcieri per passione che provano a cimentarsi con il nuovo tormentone.

Chi ha inventato il croissant cubo

Tutto è cominciato sui social, del resto. Nel 2018, con un post dello svedese Bedros Kabranian, campione mondiale di bakery. L’idea è stata sua, e l’ha chiamata Le crube (crasi di «croissant» e «cube»). Ci è arrivato dopo diverse prove. Dato che l’impasto di un cube croissant cresce molto meno rispetto alla forma tradizionale, Bedros Kabranian ha dovuto fare una serie di calcoli per capire quanto andasse riempito lo stampo. Dopo esserci riuscito nessuno lo ha fermato, e lo ha proposto in tante versioni diverse: vuoto, ripieno di creme, glassato, zuccherato. Perché, a parte la forma, il resto del croissant cubo è uguale all’originale.

Dove assaggiare il croissant cubo in Italia

In Italia lo conosciamo grazie alla celebre Farmacia del Cambio di Torino che, nel 2019, ha lanciato il suo Crubik, «contraddistinto da un involucro croccante e un cuore sofficissimo» (così scrive sul suo sito). Una brioche ripiena di crema pasticcera o al cioccolato che è subito diventata una mania, e lo è tuttora: non è raro, a quattro anni dall’«invenzione», imbattersi in articoli di cronaca locale che raccontano della fila di clienti in piazza Carignano per assaggiare la specialità di Matteo Baronetto e Maicol Vitellozzi. Torinesi e turisti, tutti lì. Magari anche per farsi una foto e postarla.

Brunello di Montalcino: il vino che ha reso l’Italia unica

La Cucina Italiana

È il turno del Brunello di Montalcino. Non c’è Paese al mondo con tanta ricchezza e varietà di prodotti, naturali come li regala il territorio o lavorati da mani esperte in modi semplici, che sono antichi e insieme i più contemporanei. Prosegue il viaggio alla scoperta delle nostre bontà, da quelle più conosciute a quelle meno note lontano dalla zona di produzione. Con Brunello di Montalcino, detentore di prestigiosi primati, la nostra cultura del cibo e del vino rimane imbattuta sul podio mondiale del gusto.

Il Brunello di Montalcino

Dal 1865, anno in cui il Brunello di Montalcino debutta con la prima annata prodotta da Clemente Santi, questo rosso toscano continua a collezionare successi: è stato il primo vino di pregio italiano esportato negli Stati Uniti nel 1930, il primo servito a un ricevimento tra capi di Stato (il presidente della Repubblica Giuseppe Saragat e la regina Elisabetta II) e l’unico inserito tra le dodici etichette del secolo secondo la rivista Wine Spectator. Dal 1966 è tutelato con la Doc e dal 1980 con la Docg (la prima d’Italia, insieme con il Vino Nobile di Montepulciano e il Barolo). Anche il territorio ha fatto la sua parte: nel 1941 a Montalcino è stata inaugurata la prima enoteca pubblica per la vendita dei vini della zona, nel 1948 una cantina per la prima volta ha aperto le porte ai visitatori, dando il via allo sviluppo dell’enoturismo. Oggi, il Consorzio di tutela riunisce 219 produttori e gli ettari destinati alla produzione di Brunello sono 2100 (con un valore che sfiora il milione di euro per ettaro), disseminati in un’area ricca di biodiversità, con il 50% del suolo occupato da boschi e il 10% destinato agli oliveti, senza contare le aree a pascolo e a seminativi; con quasi il 50% delle vigne coltivate in biologico, Montalcino vanta una percentuale di tre volte superiore alla media nazionale. Chi sono i principali estimatori del Brunello? Spicca l’Italia, seguita da Stati Uniti, Canada, Germania e Svizzera.

Carta d’Identità del Brunello di Montalcino

VITIGNI – Sangiovese, a Montalcino chiamato brunello.

CARATTERISTICHE – Ha un colore rosso granato vivace e un profumo elegante e complesso che ricorda, nei vini giovani, i piccoli frutti di bosco e la prugna, le spezie e l’aroma balsamico. Il gusto è armonico, persistente, strutturato, giustamente acido e tannico. È un vino che invecchia molto bene, anche per decenni.

SERVIZIO – Stappatelo a 18 °C e scegliete calici ampi per favorirne l’ossigenazione; in caso di bottiglie molto vecchie, lasciatelo decantare in caraffa per un paio di ore prima di servirlo.

ABBINAMENTI – Con piatti a base di carne rossa e selvaggina (è eccellente con il cinghiale), anche condita con pomodoro, funghi o tartufi. Va bene con formaggi stagionati, come le tome e il pecorino toscano.

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