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Quando il parco divertimenti è anche il paradiso dei golosi | La Cucina Italiana

Quando il parco divertimenti è anche il paradiso dei golosi
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Stagione partita al Gardaland Resort: il parco divertimenti con i suoi tre hotel, la Miniland di LEGOLAND®Water Park e il Gardaland SEA LIFE Aquarium, vi aspettano per un mondo di attrazioni, gioia e… cibo!

In stagione piena, al Gardaland Resort lavorano circa 400 operatori e servono più di 5.000 pasti al giorno. Qualche numero? Ogni giorno, vengono cucinate circa 1.000 chili, ovvero una tonnellata, di patate, più di 1.000 pizze, preparati più di 3.000 caffè e circa 300.000 waffle. Decisamente non solo il regno del divertimento, ma anche del buon appetito!

Ne abbiamo parlato direttamente con Dario Bagnoli, Head of Commercial Gardaland, per farci raccontare il parco divertimenti dal punto di vista food & beverage. Scopriamo insieme l’anima foodie di Gardaland, ecco l’intervista completa.

Intervista a Dario Bagnoli Head Of Commercial Gardaland

Quanti punti ristoro ci sono nel parco e come si diversificano?
«L’offerta del parco è complessa e variegata. Il tutto per poter soddisfare le richieste e i gusti dei nostri moltissimi ospiti. Sia in termini di prodotti sia in termini di capacità di spesa. Nel parco a pieno regime abbiamo attualmente 48 punti ristoro che si diversificano in: tre Fast Food, un ristorante messicano, un ristorante tirolese, una griglieria Tex Mex, una pizzeria, un ristorante self-service, ventiquattro punti ristoro (tra gelaterie, bar, street food, friggitoria, dolci, hot dog, poke, focacceria, crepes, kebab, frutta fresca, gelato soft), cinque punti waffle, sei postazioni kart granita, tre kart birra, un Coca~ Freestyle (in ampliamento) e, infine, un laboratorio di produzione centralizzato.»

Ecco, parliamone. Il forno di Prezzemolo: quante persone ci lavorano, cosa preparano?
«Il forno di Prezzemolo è il nostro gioiello; un vero e proprio laboratorio dove i nostri chef ed esperti, preparano quotidianamente le nostre specialità. Lavora una decina di persona in questo meraviglioso progetto, che è completamente a vista grazie alle ampie vetrate che circondano il laboratorio. Quotidianamente, due volte al giorno, si garantisce l’assoluta freschezza e bontà, rifornendo i punti vendita food con pizza, focacce, due tipologie differenti di schiacciata farcita, l’impasto per le crepes salate e per quelle dolci, la pasta fredda, le brioches salate farcite, i dessert speciali (Oktoberfest), i marsh mallow BBQ, i marsh mallow per zucchero filato e, naturalmente, tutte le basi e i prodotti dedicati a eventi privati.»

Calzagatti, lo snack modenese che “caccia via i gatti”

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La storia dei calzagatti inizia con il classico c’era una volta… una “rezdora” modenese che, nel contorno di una leggenda vernacolare, stava preparando la polenta in un paiolo. In un’altra pentola, la nostra rezdora (così si chiama a Modena la persona detentrice di un sapere antico che trasmette attraverso la cultura e l’arte del cucinare) stava cucinando anche i fagioli su una stufa a legna. Al momento di portare i legumi in tavola, sarebbe inciampata sul suo gatto accovacciato sul pavimento. In questo modo, i fagioli sarebbero finiti dentro il paiolo della polenta: la rezdora pur di non far saltare la cena ai suoi famigliari avrebbe così inventato i calzagatti. Il gatto, infatti, terrorizzato da questo tumulto, sarebbe scappato a gambe levate e da qui il nome della nuova ricetta, cioè che caccia via i gatti.
Sarà per questo nome bizzarro, oppure perché in tempi di quasi austerity ci stiamo riavvicinando a ricette semplici, nutrienti ed economiche, ma i calzagatti sembrano godere ultimamente di più attenzione. Riuniscono i due ingredienti emblematici della cucina povera: fagioli e polenta, che insieme si arricchiscono l’un l’altro. La frittura finale, facoltativa, trasforma il piatto in uno snack davvero sfizioso.

Da piatto simbolo della gastronomia modenese e reggiana in fase di estinzione, questa ricetta — specialmente in versione snack, per venire incontro agli stili di vita di oggi — sta tornando a occupare i menù di sagre di paese, ristoranti, blog e menzioni in programmi televisivi. La maggior parte dei calzagatti che troverete in giro prevedono l’uso di pancetta o lardo nel soffritto dei fagioli e lo strutto come grasso per la frittura, ma quelli fatti in casa possono essere altrettanto deliziosi anche in versione vegana, senza carne e fritti nell’olio vegetale.

Il piatto si chiama in modi diversi, a seconda delle zone della provincia modenese: cazzagai, ma anche paparuccia, ciribusla o bagia. Si presenta anche in varianti diverse, come ogni piatto della tradizione. C’è chi aggiunge alla polenta un po’ di panna e parmigiano o chi, al posto della farina di mais, usa quella di castagne. 

Si consumano senza posate, come aperitivo, in abbinamento a una buona salsa ketchup e a un calice di Lambrusco di Sorbara. Oppure serviti in piatto, in compagnia di un formaggio morbido, come alla Trattoria Pomposa di Luca Marchini, a Modena, dove i calzagatti sono appoggiati su quenelle di ricotta.

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