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La pizza migliore del mondo? La fa un pizzaiolo siciliano | La Cucina Italiana

La pizza migliore del mondo? La fa un pizzaiolo siciliano
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Per mangiare la pizza migliore del mondo bisogna arrivare in Sicilia: è qui, alla pizzeria «Il Carretto» di Racalmuto (Agrigento) che impasta e inforna Giuseppe Criminisi, giovanissimo vincitore del Campionato Mondiale della Pizza, che si è appena tenuto a Parma, per la sua trentesima edizione. Habitué della competizione e già sul podio diverse volte negli anni passati, quest’anno Criminisi è il vincitore della categoria «Pizza Classica», di fatto la più ambita, e non solo perché è quella che ogni anno richiama il maggior numero di partecipanti del campionato: la classica è la pizza tonda al piatto, che offre la maggiore libertà di espressione ai pizzaioli, sia negli impasti che nelle farciture.

La pizza migliore del mondo

La lista di vincitori include ben 13 nomi, ovvero i primi posti delle varie categorie – sei gare di cottura, tre di abilità e quattro premi speciali – con cui si sono dovuti confrontare i 700 pizzaioli e pizzaiole arrivati a Parma. Tra questi quali tanti nomi noti e già molto apprezzati per il loro lavoro. Come Vincenzo Mansi, vincitore nella categoria «Pizza napoletana STG»: figlio d’arte che a Salerno – con la pizzeria che porta il suo nome – è una garanzia per chi vuole gustare il più amato e celebre dei piatti della tradizione napoletana. Ma anche Antonio Di Tella, pizzaiolo della «Pizzeria all’angolo» di Massa in provincia di Massa Carrara, che ha vinto diverse altre gare, e che è stato premiato per la miglior «pizza in pala». Alessandro Caliolo, del Ristorante Pizzeria «Il Vulcano» di San Vito dei Normanni ha vinto invece il premio speciale che ogni anno durante il Campionato Mondiale della Pizza viene assegnato dallo chef Heinz Beck, tre stelle Michelin a «La Pergola», ristorante del Rome Cavalieri Waldorf Astoria, cinque stelle lusso della capitale.

«Ancora una volta il livello dei piatti presentati e degli chef è stato molto alto. Innovazione e sostenibilità sono due temi ai quali ho prestato particolare attenzione nell’assegnazione del premio che è stato conferito ad Alessandro Caliolo», ha detto lo chef Heinz Beck.

Il Campionato Mondiale della Pizza

I premi assegnati (li trovate nella gallery alla fine dell’articolo), raccontano ancora una volta quanto sia eclettico il mondo della pizza, e confermano che ormai è un piatto che catalizza l’interesse degli addetti ai lavori in tutto il mondo. I 700 concorrenti del Campionato Mondiale della Pizza di quest’anno sono arrivati da 52 Paesi del mondo, tra i quali Algeria, Cile, Kuwait, Messico, Principato di Monaco, Paraguay, Polonia che hanno partecipato per la prima volta alla competizione. Tanti anche i curiosi e gli appassionati, perché il Campionato è sempre spettacolare: in tre giorni di gare i pizzaioli e pizzaiole si sono sfidati in oltre 1000 gare di cui 930 gare di cottura (Pizza Classica, Pizza senza glutine, Pizza Napoletana STG, Pizza in Teglia, Pizza in Pala) e gare di abilità (come Freestyle, Pizza più larga e Pizzaiolo più veloce). Inoltre è sempre un’occasione di confronto. Tra i tanti, quest’anno, talk dedicati alla pizza dolce, alla sostenibilità, all’accostamento di due tipicità del Made in Italy come la pizza e il Parmigiano Reggiano.

«Il livello delle creazioni presentate dai pizzaioli è stato molto alto e come sempre non sono mancate creatività e innovazione, che caratterizzano questo settore in costante evoluzione», ha detto Massimo Puggina, organizzatore della manifestazione. Ecco i vincitori del Campionato Mondiale della Pizza 2023

Pomodoro seccagno: il pomodoro siciliano che risparmia acqua

Pomodoro seccagno: il pomodoro siciliano che risparmia acqua

Nell’entroterra siciliano e sull’isola vulcanica di Salina esiste una varietà di pomodoro che agevola il risparmio idrico e salva tanta fatica in orto: il pomodoro seccagno. Coltivato da secoli in Sicilia, si trova principalmente in terreni aridi e caldi che subiscono delle forti escursioni termiche tra il giorno e la notte. L’isola di Salina non possiede fonti di acqua, obbligando le famiglie di agricoltori ad adattarsi alle condizioni, prediligendo la coltivazione di ortaggi antichi e tenaci, preservando così il patrimonio di biodiversità. 

Come coltivare i pomodori senza acqua?

Il pomodoro seccagno nasce in zone molto secche, luoghi in cui la pioggia scarseggia, soprattutto d’estate, il periodo in cui cresce e viene raccolto il pomodoro. Dopo aver disossato il terreno – preferibilmente sabbioso e argilloso – si piantano i pomodori, che necessiteranno l’annaffiamento solamente nei primi 3 giorni. Successivamente, il pomodoro seccagno bilancia la mancanza di acqua piovana assorbendo umidità dal terreno e dalle forti escursioni termiche, che rinfrescano le piante di notte. 

È importante seminare il pomodoro seccagno in una zona che riceve moltissimo sole ed è esposta al caldo. Si tratta di una varietà di pomodoro che si è adattata alla perfezione nel corso degli anni ai cambiamenti climatici che ha subito la Sicilia e ai periodi di forte siccità. In modo totalmente naturale e autonomo, il pomodoro seccagno prospera senza essere annaffiato; anzi, ne soffrirebbe. Si tratta di un’agricoltura totalmente biologica e senza pesticidi, grazie alla buccia particolarmente spessa del pomodoro, che è un repellente naturale per tutti gli insetti. 

Come si conserva il pomodoro seccagno?

Il pomodoro seccagno è una pianta dalle origini antichissime, per secoli una delle poche fonti di autosostentamento alimentare invernale degli abitanti dell’isola di Salina. Rispetto ad altri pomodori, il seccagno è prevalentemente coltivato per uso personale, poiché la resa finale non abbonda e il prodotto è molto rustico, dal sapore deciso e antico. 

L’associazione di Amici della Terra – Nebrodi svolge un importantissimo lavoro di didattica interattiva sull’isola di Salina, con lo scopo di divulgare e quindi preservare le antiche varietà e la biodiversità presente nel territorio, le ricette e le trasformazioni tipiche. «A seguito del raccolto, i pomodori vengono appesi sulle ninfe (appositi oggetti artigianali fatti di canne, ndr) sotto le tettoie e sulle terrazze delle case Eoliane, in modo che i pomodori non si tocchino tra di loro e grazie al vento si asciughino, perdendo acqua e maturando al punto giusto», racconta la presidente Maria D’Amico. 

Alcuni dei semi vengono preservati per l’anno successivo, mentre il resto del raccolto viene immerso in salamoia e poi sigillato in barattoli di vetro, seccato al sole oppure lasciato sulle ninfe fino alla primavera successiva e consumato fresco. A oggi ci sono poche persone che conoscono, coltivano e consumano il pomodoro seccagno, rendendo ancora più significativo il lavoro di narrazione e divulgazione da parte di associazioni, ristoranti e produttori. Il pomodoro seccagno di Salina significa cultura, tradizione e innovazione

Torrone siciliano, la specialità dell’isola

Torrone siciliano, la specialità dell'isola

Nell’entroterra, attività storiche e di nuova generazione mantengono ancora viva l’antica arte dolciaria del torrone siciliano: da Caltanissetta a Modica, ecco i migliori + ricetta autentica

Non solo cassata e cannoli, tra le specialità della tradizione dolciaria siciliana possiamo annoverare anche il torrone. Abbiamo già raccontato della cubaita, antichissima prelibatezza di derivazione araba, oggi invece parliamo del torrone tipico della Sicilia centrale, un entroterra ricco di mandorleti e pistacchieti. Ingredienti principali sono infatti le mandorle e i pistacchi, tra cui quelli delle Dop di Bronte e Raffadali, quest’ultima riconosciuta lo scorso marzo. Esistono due versioni di torrone in base alla consistenza: duro e morbido, tutto dipende dal tempo di cottura e dalla percentuale di miele e zucchero utilizzati nell’impasto. Scopriamo di più sul torrone siciliano – e anche dove comprarlo, pure online.

Il torrone di Caltanissetta

Durante la seconda metà dell’800 Caltanissetta era considerata la “città del torrone”, esistevano ben otto torronifici specializzati nella produzione artigianale di turruni (in dialetto siciliano) sia a pasta dura che friabile o bloc, a base di mandorle, pistacchi, miele, albume d’uovo e zucchero. Un sapere antico tramandato dai maestri turrunari e raccontato dal progetto Arca del Gusto di Slow Food: le maestranze mescolano gli ingredienti in una caldaia dal fondo di rame e nella fase finale di cottura (otto ore a fiamma bassa) aggiungono mandorle e pistacchi siciliani. Al termine, l’impasto è steso su telai dalla forma rettangolare e lavorato con mattarelli di legno. Quindi distribuiscono altro pistacchio tritato sulla superficie dei blocchi. I telai contenenti il torrone vengono posti sotto una pressa (anticamente manuale, oggi idraulica) che uniforma la superficie del torrone e ne fissa meglio il pistacchio sulla superficie esterna. Quando si raffredda, le maestranze lo estraggono dai telai e tagliano il torrone in pezzature da 50, 100 o 250g con una macchina chiamata in gergo “taglierina”, mentre l’intero ciclo di preparazione del torrone è detto la “fatta”.

Nel 1884 il torrone di Caltanissetta di Salvatore Amico si aggiudica il primo posto nella categoria “torroni e panforte” dell’Esposizione Generale Italiana di Torino, sbaragliando la concorrenza dei “cugini” lombardi, toscani e campani. Altri due nisseni, Luigi Giannone e Giuseppe Infantolino, ottennero invece la menzione d’oro. Oggi delle otto attività storiche purtroppo ne è sopravvissuta soltanto una, il Torronificio Geraci fondato nel 1870 da Michele Geraci (da ragazzo lavorava come garzone nella pasticceria Infantolino). La quarta generazione, rappresentata dalle sorelle Giuliana e Marcella Geraci, porta avanti con passione la gloriosa tradizione di famiglia mantenendo inalterata la ricetta del torrone artigianale di Caltanissetta ereditata dal bisnonno.

Dallo shop online del Torronificio Geraci è possibile ordinare il torrone siciliano in tutte le specialità. Oltre alla versione classica, ci sono i torroncini creati nei primi anni del Novecento e battezzati con i nomi di Casa Savoia “Umberto”, “Elena” e “Jolanda”. I primi due sono ricoperti di cioccolato mentre i torroncini Jolanda sono davvero particolari: il torrone ancora caldo viene tagliato in foglie sottili che vengono adagiate negli appositi telai per acquisire la forma di piccole tegole. Ogni pezzo viene riempito manualmente con un impasto cremoso a base di mandorle e zucchero, alla fine viene tutto ricoperto di cioccolato. E poi ci sono “Zara”, dalla forma tonda e con ripieno di crema di pistacchio, e “Pepita”, un torrone morbido inventato alla fine degli anni ‘70 dalle donne della famiglia Geraci, caratterizzato da una mandorla intera all’interno, copertura di cioccolato e un incarto dorato. Per chi vuole saperne di più, è possibile prenotare (escluso nel periodo natalizio) cooking class sull’arte del torrone e visite guidate in negozio e nel laboratorio di Caltanissetta.

Torrone di Caltanissetta, la ricetta autentica

Ingredienti:
400g zucchero a velo
250g mandorle intere pelate
250g pistacchi sgusciati non salati
200g miele
1 albume

Procedimento:
Tostare mandorle e pistacchi in forno a temperatura moderata fino a quando avranno preso un colore dorato.
Separatamente montare l’albume a neve e aggiungere miele liquido.
Continuare a sbattere fino a quando il composto non sarà diventato chiaro.
Amalgamare bene il composto con lo zucchero, versarlo in un tegame e cuocere a fiamma bassa, mescolando con cura.
Quando la pasta del torrone si sarà indurita, in base al proprio gusto, togliere il tegame dal fuoco e mescolare al preparato i pistacchi e le mandorle tagliate grossolanamente.
Stendere il torrone all’interno di uno stampo rettangolare posto su carta da forno.
Coprire con un altro velo di carta da forno pressando bene.
Lasciare raffreddare a temperatura ambiente.

Il torrone di Licodia Eubea

Nel piccolo borgo di Licodia Eubea, in provincia di Catania, a 600 metri di altezza sui Monti Iblei, si trova il Torronificio Renna: una piccola produzione artigianale e a conduzione familiare che rende omaggio alla ricetta del torrone bianco alle mandorle tramandata fin dagli anni ’60 da Giuseppa Interligi, nonna degli attuali proprietari. Gli ingredienti utilizzati sono tutti naturali e non ci sono zuccheri aggiunti o conservanti: frutta secca, miele millefiori e albume d’uovo vengono amalgamati insieme dopo molte ore di cottura a bassa temperatura. Al termine di questa fase si dispone negli appositi telai dove il torrone viene stirato, tagliato manualmente e avvolto in un’ostia senza glutine prima di essere confezionato. I gusti disponibili di torrone siciliano sono mandorla, nocciola, mandorla e pistacchio, da acquistare direttamente dal sito insieme alle altre specialità siciliane di antica memoria dolciaria prodotte dal Torronificio Renna.

Il torrone di Modica

Nella bella cittadina barocca di Modica, nel versante sud-orientale di Sicilia, Simone Sabaini produce uno dei cioccolati più buoni d’Italia con il marchio Sabadì. Tra le specialità non mancano i torroni. Gli ingredienti sono esclusivamente prodotti tipici dell’Isola: “I torroni siciliani di Sabadì – afferma Simone – sono diversi per consistenza, qualità delle materie prime utilizzate e quantità di frutta secca presente. Non è troppo duro, come solitamente viene fatto al nord Italia, né troppo morbido. Il gusto intenso e profumato è dato dall’utilizzo del miele di ape nera sicula da diverse varietà di fiori e dalle scorze di arancia rossa, limone Interdonato, mandarino tardivo di Ciaculli. I pistacchi sono quelli Dop di Bronte e le mandorle romane di Noto, presidi Slow Food. E poi il nostro torrone non è troppo dolce perché oltre al miele utilizziamo solo pochissimo zucchero di canna, ma ciò che lo rende davvero unico e speciale è la sorprendente quantità di mandole e pistacchi all’interno, oltre il 65%”. Sul sito, per il torrone siciliano, c’è una sezione dedicata dove è possibile acquistare i tre torroni morbidi bianchi, quello abbrustolito e poi la nuova scatola in formato mini con gusti assortiti di torroncini ricoperti di Cioccolato Sabadì.

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