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Cos’è l’umami, il quinto elemento del gusto

La Cucina Italiana

«Che gusto ha?» «Umami!». Oramai è sempre più comune rispondere così davanti ad un piatto. Le caratteristiche del “quinto sapore” sono entrate nel nostro patrimonio gastronomico, o più che altro abbiamo imparato a dare un nome ad un gusto che appartiene da sempre alla cucina italiana. Fino a qualche anno fa parlare di umami suonava esotico, e il termine si usava per la sola cucina giapponese, poi la consapevolezza si è diffusa fra gli chef internazionali e sino alla cucina della nostra quotidianità. Ma che cosa significa e a che cosa corrisponde questo umami?

Dalle alghe giapponesi al Parmigiano Reggiano

Quella che potrebbe sembrare una moda passeggera, o l’ennesima invenzione “del mondo del food” si basa su studi cominciati nel 1908 in Giappone dallo scienziato Kikunae Ikeda, professore del Dipartimento di Chimica della School of Science di Tokyo, che per primo cominciò a parlare della presenza di un gusto ulteriore oltre ai quattro canonici. Un gusto saporito (umami letteralmente significa saporito in giapponese), indefinibile attraverso i quattro sapori utilizzati sino ad allora. Per primo ne riconobbe l’alta concentrazione nelle alghe kombu, ricche di glutammato monosodico – presente anche in altri alimenti come il katsuobushi (una bottarga di tonno che viene utilizzata in scaglie), nei funghi shitake essiccati, e nel miso. Si definisce umami (definizione ufficiale dell’Umami Information Center) «un gusto sapido piacevole che viene da glutammato, inosinato e guanilato, che si trovano naturalmente in carne, pesce, verdura e prodotti lattiero caseari». Il gusto umami infatti non ha nulla a che vedere con la sola cucina giapponese e può essere riconosciuto in prodotti localissimi, tant’è che lo stesso Ikeda intuì l’esistenza del gusto umami in Europa, assaggiando per la prima volta pomodori, asparagi e formaggio. Tornato in patria, sviluppò un metodo di produzione per il glutammato monosodico (MSG), brevettato poi nel 1908.

Umami = buono

Amato dai bambini proprio perché hanno un palato vergine e istintivo, il gusto umami è anche quello del latte materno, che contiene una percentuale elevatissima di glutammato, e che quindi ci svezza, rendendolo al genere umano universalmente gradito – al di là invece di altri condizionamenti culturali legati al sapore dei cibi. Saper riconoscere i sapori è alla base della sopravvivenza umana, e dei gusti innati delle persone. L’amaro e l’acido sono due segnali di pericolo per il nostro cervello perché in quantità eccessive significano cibi velenosi o avariati. Lo zucchero invece – fonte di energia – è invece percepito come piacevole dal nostro palato proprio perché segno di un cibo utile, così come il salato, fonte di sali minerali. Il gusto umami è quello dei cibi proteici, necessari al nostro organismo e quindi piacevoli, stimola la salivazione, la digestione e l’assorbimento dei nutrienti – tanto che alcuni studi identificano non solo sulla lingua ma anche nello stomaco la presenza di papille gustative dedicate a questo sapore. Ecco perché l’umami in equilibrio con gli altri gusti di base determina la prelibatezza di un piatto.

Patrimonio UNESCO perché l’umami è parte di una cucina sana

La strada per l’ufficializzazione scientifica di questo nuovo gusto è stata lunga, basti pensare che solo nel 2002, a quasi un secolo di distanza, sono stati individuati dei particolari recettori presenti nella nostra bocca e che nel 2013 la maestria nell’uso del sapore umami degli ingredienti, invece dei grassi animali, in cibi sani ma saporiti ha decretato l’introduzione della cucina tradizionale giapponese nel patrimonio immateriale dell’umanità UNESCO. Controtendenza all’idea che il glutammato monosodico non faccia poi così bene, i ricercatori della Tohoku University del Giappone hanno anche sperimentato come l’insensibilità all’umami determini perdita di appetito, conseguente perdita di peso e quindi indebolimento del fisico e della salute, soprattutto nei pazienti più anziani. Inoltre l’umami aiuta a ridurre il contenuto di sale in cucina.

L’Umami nella cucina italiana: pomodori e Parmigiano

L’umami si trova in una varietà di alimenti tra cui carne, pesce e verdure. Ne sono ricchi i pomodori, tonno e sardine, carne di manzo, pollo e maiale, funghi, cipolle, piselli, asparagi, broccoli, rape. La componente umami degli alimenti aumenta poi a seguito di lavorazioni come la maturazione e la fermentazione, ossia nel Parmigiano Reggiano, nel prosciutto crudo e in condimenti come la salsa di soia o le salse di pesce – che infatti vengono proprio per rendere più buoni e appetibili i cibi su cui vengono utilizzati. Le ricette di tutto il mondo mostrano come la scoperta moderna dell’umami non sia altro che il riconoscimento scientifico di un sapere secolare che ha portato nel tempo a cucinare questi ingredienti, e le loro componenti di glutammato, inosinato e guanilato, mixandoli fra loro proprio per massimizzarne gli effetti gastronomici. Riso in bianco e soia, pasta in bianco e parmigiano, brodo di carne e dote di verdure…. le ricette anche italiane che sono buone perchè umami sono tantissime, risotto al pomodoro inclusa.

Umami come il glutammato: facciamo chiarezza

Il glutammato monosodico è uno degli ingredienti più studiati in campo alimentare, spiega il Consiglio europeo di informazione sull’alimentazione (EUFIC), veniva estratto da cibi ricchi di proteine naturali come le alghe marine e funghi, ma oggi è ottenuto da un processo di fermentazione industriale a partire da barbabietole da zucchero, canna da zucchero o melassa. Il glutammato monosodico (MSG), brevettato da Ikeda nel 1908, viene così utilizzato per intensificare il sapore e l’appetibilità degli alimenti senza rischi per la salute e ne può perfino abbassare il livello di sodio. In alcuni paesi viene utilizzato come condimento da tavola, in Occidente viene aggiunto agli alimenti salati preparati e trasformati e si trova etichetta sottoforma di sinonimi: vetsin, ajinomoto, glutammato monosodico, E621, glutammato di sodio, L-glutammato monosodico e acido glutammico monoidrato. Viene utilizzato per le sue proprietà gastronomiche ma anche perché contiene solo un terzo del sodio contenuto nel sale da tavola , e può essere quindi utilizzato in quantità minori. Nonostante un ristretto numero di persone dichiari di essere sensibile all’MSG, studi scientifici hanno messo in evidenza che non vi sarebbe alcun legame diretto tra tale sostanza e reazioni allergiche o intolleranze nell’uomo. La “sindrome del ristorante cinese” quindi, non esiste. Nessun allarme, come tutti gli alimenti, basta essere morigerati.

50 ricette per l’autunno: portiamo a tavola i nuovi sapori

La Cucina Italiana

Sebbene non faccia poi così freddo, la nuova stagione è ormai nel pieno della suo percorso e con essa sono arrivate le ricette per l’autunno da portare in tavola. Le medie e lunghe cotture che avevamo abbandonato durante la stagione estiva ritornano finalmente in auge per la preparazione di piatti intensi e gustosi. Arrosti, fritture, glassate, pietanze stufate e gratinate…. cosa desiderare di più?

L’autunno è la stagione di transizione verso l’inverno, dolcemente ci porta dalla calda estate al freddo inverno, con la sua grazia di colori e profumi. L’autunno sa di boschi, di fuochi e di abbracci caldi. Tempo di sagre di paese, di caldarroste per strada e di tisane corroboranti. Tantissimi gli ingredienti nuovi che tornano nelle nostre cucine, dai sapori più o meno decisi, dalle proprietà adatte alla nuova stagione.  L’alternanza di pioggia e sole ci regala i funghi, dai porcini ai finferli, sempre graditi in cucina come accompagnamento di primi e secondi gustosi. E poi la zucca, broccoli e cavoli. Voglia di zuppe e vellutate calde e di fantasiosi arrosti della domenica, ma non solo. La tavola si prepara con gioia, le giornate si accorciano, ma il tempo insieme non dev’essere limitato – basta accendere un caminetto (per chi può) o una luce in più, e il sole lo portiamo noi nei nostri cuori allegri di cucinieri appassionati!

Ecco le nostre 50 ricette per l’autunno

ricette d'autunno

50 ricette d’autunno da preparare con i prodotti di stagione

Gnocchi di ricotta con spugnole, un inno ai sapori semplici

La Cucina Italiana

La Migliore Ricetta Italiana di oggi è un primo piatto: gli gnocchi di ricotta con spugnole, un inno ai sapori semplici che diventano irresistibili quando portano con sè tanto amore. Ce l’ha mandata Corrado Campanaro, vicentino, poco più che cinquantenne, appassionato di cucina e cuoco per la sua compagna e le figlie. «Ogni volta che preparo qualcosa ci metto tutto me stesso, perché l’atto del nutrire ha tanto a che fare con l’amore e spero sempre che a loro piacciano le mie ricette» ci ha raccontato. «Adoro quei gusti che definirei primordiali» ha aggiunto. «Adoro quegli ingredienti di una volta e quei gusti semplici che stanno sparendo dalle nostre tavole e che mi piace valorizzare: trovo le spugnole nel bosco vicino a casa, mentre per gli gnocchi ho usato una ricotta di malga, dal gusto delicato, ma allo stesso tempo golosissima». Le spugnole sono funghi primaverili con una consistenza molto particolare e un sapore che ricorda il sottobosco, ravvivato da Corrado con un tocco speziato. Non sono molto diffuse e la stagionalità è ridotta, ma si trovano in vendita anche essiccate.

La ricetta: gnocchi di ricotta con spugnole

Impegno: Facile
Tempo: 50 minuti

Ingredienti per 4 persone

250 g ricotta
120 g farina di riso
24 spugnole fresche (o 30 essiccate)
1 uovo
1 spicchio di aglio
zenzero in polvere
noce moscata
cannella in polvere
zucchero semolato
parmigiano reggiano
prezzemolo
burro
sale

Procedimento

Pulite le spugnole e tagliatele per il lungo.
Rosolate lo spicchio di aglio in una noce di burro, quindi unite le spugnole e cuocetele per 3-4 minuti a fuoco lento, con un pizzico di zenzero e di sale; se si asciugano troppo, aggiungete poca acqua.
Amalgamate la ricotta con l’uovo, la farina di riso, un pizzico di noce moscata, un pizzico di sale, una grattugiata di parmigiano reggiano; otterrete un impasto liscio e omogeneo: raccoglietelo in una palla, copritelo e lasciatelo riposare in frigorifero per 30 minuti.
Tagliate a pezzi l’impasto e formate dei cilindri che dividerete poi a pezzetti, dando la forma desiderata (cilindretti, rombetti, palline).
Tuffate gli gnocchi ottenuti in acqua bollente salata e cuoceteli finché non saliranno in superficie; cuoceteli ancora per un paio di minuti, quindi scolateli con una schiumarola e trasferiteli nel tegame dove avete rosolato le spugnole che avrete tenuto da parte; saltate gli gnocchi con una noce di burro, un pizzico di cannella, un pizzichino di zucchero e un cucchiaio della loro acqua di cottura; aggiungete le spugnole e servite gli gnocchi, completando con una foglia di prezzemolo.

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