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Uova di Pasqua artigianali: le più belle (e buone) del 2024

Uova di Pasqua artigianali: le più belle (e buone) del 2024

A tavola deve essercene almeno uno: le uova di Pasqua artigianali di cioccolato sono tra le più attese della festa. Perché l’uovo è il simbolo per eccellenza della nuova vita e della rinascita, e perché i maître chocolatier le hanno trasformate in vere e proprie opere d’arte.

L’evoluzione contemporanea di un’usanza antica, consolidata nel periodo medioevale: già allora ci si scambiavano uova decorate nel periodo pasquale. Ma è merito dei maestri cioccolatai torinesi se ora queste uova sono di cioccolato. Sono stati loro i primi a proporre uova di Pasqua artigianali di cioccolato, all’inizio del ‘900, e da allora sono immancabili.

Ogni anno una sorpresa, perché gli artigiani del cioccolato propongono creazioni sempre diverse, con cioccolato finissimo e decorazioni spettacolari che regalano emozioni anche solo a guardarle. Ecco alcune tra le più belle (e buone) di questa Pasqua.

Uova di Pasqua artigianali 2024

Ricetta Risotto ai carciofi e pecorino, la ricetta

Ricetta Risotto ai carciofi e pecorino, la ricetta

Il risotto ai carciofi e pecorino è un’ottima idea per un primo facile e veloce da preparare, oltre che gustoso e saporito. Questa piatto si può servire a pranzo o a cena, è adatto a situazioni informali, ma anche a occasioni speciali.

Nella nostra ricetta abbiamo aggiunto aggiunto i carciofi puliti, affettati e insaporiti in padella a metà cottura del riso. Una volto cotto il risotto, lo abbiamo mantecato con burro e pecorino e abbiamo completato con carciofi crudi tagliati sottili e scaglie di pecorino.

 Scoprite anche queste ricette per variare il risotto ai carciofi: Risotto con carciofi e speck, Risotto ai carciofi e crostacei, Risotto ai carciofi e melagrana, Risotto al dragoncello con gamberi e carciofi, Risotto quasi alla Giuseppe Verdi.

“Amarcord”: chef Davide Palluda e la cucina italiana

"Amarcord": chef Davide Palluda e la cucina italiana

Davide Palluda non cerca mai la copertina, ma se la meriterebbe per le qualità umane e per la sua cucina: una delle migliori del Piemonte, con una capacità di ‘riscrittura’ della tradizione che vede pochi alla sua altezza. Vuole realmente bene al suo Roero, lo conosce benissimo, è un maestro del tartufo bianco. Ma si è preso – fortunatamente – il diritto di smontare e rimontare i fondamentali con tecnica moderna e gusto innato. Che fosse bravo lo aveva intuito un grande gourmet e scopritore di talenti quale Toni Cuman. «Mi ricordo che avevo aperto il ristorante da tre mesi e si era seduto a tavola con due critici, giovani come me. Poi mi arrivò la telefonata da Milano per invitarmi a preparare un piatto per La Cucina Italiana: era ottobre 1995, ma non chiedetemi il piatto: mi ricordo l’emozione, ma non cosa ho cucinato…» ricorda lo chef-patron di Canale. Poco male, i nostri Lettori ritrovano l’articolo originale apparso sul numero di ottobre 1995 qui sotto in gallery.

Davide Palluda & la cucina italiana

«L’uscita mensile de La Cucina Italiana era l’occasione per vedere cosa succedeva in giro e soprattutto verificare il lavoro dei cuochi più importanti. La mia è una generazione che ha iniziato a girare per l’Italia e il mondo solo quando ha potuto organizzarsi la vita: io tra i 25 e i 30 anni dovevo pensare al locale con mia sorella Ivana e stop. Nè Internet aveva la stessa importanza di oggi per i cuochi: oggi i ragazzi, al di là che viaggiano molto di più, hanno la possibilità di vedere cosa combina ogni cuoco sul pianeta e ispirarsi ai suoi piatti. Nel mio caso, frequentavo solo i ristoranti della famiglia Alciati, il Pinocchio a Borgomanero e il Sorriso a Soriso dove il grande Angelo Valazza mi affascinava oltre che per la stessa immensa fede juventina quale la mia per la conoscenza della materia prima e la determinazione per fare sempre bene. Lui sì che ha cambiato un territorio quando del tema manco se ne parlava» continua Palluda.

Ma se la ricorda la cucina italiana degli anni ‘90? «Era nettamente divisa tra i cuochi che facevano grandi cose ispirandosi chiaramente alla Francia e quelli che cercavano già di interpretare il meglio del territorio. Poi le osterie con i piatti della tradizione eseguiti come un secolo prima e i posti classici con una proposta ampia che poteva piacere un po’ a tutti. Oggi, vedo una trasversalità dei luoghi e della cucina che non sempre mi convince, secondo me c’è bisogno di una maggiore identità persino nelle regioni del Sud dove sino a pochi anni fa non ci si poneva dubbi sulla rotta da tenere».

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