Tag: ricette di pasqua

Granita e brioche, la colazione siciliana

Granita e brioche, la colazione siciliana

In Sicilia è la colazione estiva per eccellenza: non una semplice abitudine, ma una vera e propria istituzione che permette di iniziare la giornata con dolcezza e freschezza. Prepariamo a casa la granita siciliana con la brioscia?

Altro che cappuccino e cornetto: in Sicilia la colazione estiva per eccellenza è “a granita câ brioscia”, cioè granita siciliana e brioche, praticamente un binomio inscindibile. Non una semplice abitudine, ma una vera e propria istituzione che permette di iniziare la giornata con dolcezza e freschezza. Se siete in vacanza in Sicilia, non potrete davvero fare a meno di assaggiarla!

La granita a colazione

Tipica della Sicilia, la granita è un dolce freddo realizzato con un composto di acqua, zucchero e frutta che viene ghiacciato lentamente, ma mai completamente, e continuamente mescolato, per ottenere una consistenza granulosa e cremosa allo stesso tempo. Una vera delizia che tradizionalmente si accompagnava a pane fresco e croccante, con il tempo sostituito dalla tipica ‘brioscia‘ siciliana, fatta con pasta lievitata all’uovo e aromatizzata alla vaniglia o agli agrumi. A renderla riconoscibile sono la morbida “pellicina” di cui è ricoperta e la particolare forma, simile a quella di uno chignon: una base semisferica sormontata dal cosiddetto “tuppu”(dal francese tupè: i capelli raccolti sulla nuca). La brioche viene servita calda insieme alla granita, in cui può essere inzuppata. Per quanto riguarda i gusti della granita, ce n’è davvero per tutti e variano anche a seconda della città in cui si gusta. Da provare sono senza dubbio limone, mandorla, caffè, cioccolato, ma anche pistacchio, fragola e gelsi neri.

Quella al caffè di Messina è marchio tutelato

Un vero e proprio marchio tutelato: a Messina la granita al caffè, servita nel classico bicchiere di vetro insieme ad una calda brioche, è stata inserita tra i marchi di denominazione comunale De.Co. Il consiglio comunale ha infatti approvato il regolamento per l’istituzione del marchio, creato per “censire e valorizzare la produzione tipica locale legata alla storia, alle tradizioni e alla cultura del territorio comunale, quale strumento di promozione dell’immagine del territorio e della città”. Se passate per Messina non rinunciate quindi a chiedere al bar la “mezza con panna”, il termine utilizzato in città per indicare la granita al caffè con panna. Potrete scegliere poi se mescolare la panna insieme alla granita oppure se consumare prima l’una e poi l’altra. Due vere e proprie scuole di pensiero, non vi resta che scegliere da quale parte stare.

Dagli Arabi alla Sicilia

Secondo una tradizione avviata dai Greci e proseguita dai Romani, la neve raccolta sull’Etna durante l’inverno veniva stivata nelle cosiddette “niviere” per farla congelare: in estate, il ghiaccio che si era formato veniva grattato e ricoperto di sciroppi di frutta e fiori, una preparazione che oggi sopravvive nella grattachecca romana. Successivamente, con l’arrivo degli Arabi l’isola conobbe lo “sherbet”, una bevanda ghiacciata aromatizzata con succhi di frutta.
Durante il XVI secolo si apportò un notevole miglioramento alla ricetta dello “sherbet”, scoprendo di poter usare la neve, mista a sale marino, come refrigerante: in un “pozzetto”, una tinozza di legno con all’interno un secchiello di zinco che poteva essere girato con una manovella, si metteva la miscela eutettica che congelava il contenuto nel pozzetto, mentre il movimento rotatorio di alcune pale all’interno impediva la formazione di cristalli di ghiaccio troppo grossi. 

Granita e brioche anche a casa: la ricetta

Se in questo momento la Sicilia è troppo lontana per voi, potete provare a preparare in casa una colazione con granita e brioche. La ricetta per un’ottima granita la trovate qui mentre per delle calde e soffici brioche, mescolate 250 g di farina 00 e 250 di farina manitoba insieme a 90 g di zucchero semolato: lavorate il tutto a mano o con il gancio di una planetaria. Aggiungete poi 200 ml di latte tiepido con un cucchiaino di miele e 12 g di lievito di birra. Impastate e unite man mano 2 uova, un cucchiaino di estratto di vaniglia, un pizzico di sale e poi 75 g di burro a temperatura ambiente. Fate lievitare l’impasto, coprendolo e lasciandolo a temperatura ambiente, fino a quando non sarà raddoppiato (3 ore circa). Poi dividete l’impasto in una decina di pezzi, dategli una forma circolare e staccate da ognuno una parte di impasto a cui dare una forma conica con la parte finale schiacciata (ed ecco che otterrete il ‘tuppu’!). Fate quindi una piccola fossetta al centro della pallina e posizionatevi la punta del cono. A questo punto, mettete le brioche su una leccarda rivestita con carta da forno, spennellate la superficie con  un uovo sbattuto con un cucchiaino di latte e un cucchiaino di zucchero a velo. Lasciatele ben distanti l’una dall’altra e fate ancora lievitare in forno spento, con la luce accesa, per un’ora e mezza circa. Il loro volume dovrebbe raddoppiare. Infine, fate cuocere in forno preriscaldato a 185° per circa 20 minuti.

I vini e i vitigni della Basilicata

I vini e i vitigni della Basilicata

Se l’Agliano del Vulture è la star assoluta della regione, molti altri vini rossi e bianchi meritano un bicchiere, garantito da La Cucina Italiana

I terreni vulcanici, le vigne piantate in altitudine e in posizioni ben ventilate e le escursioni termiche tra il giorno e la notte assicurano uve sane e profumate, dalle quali nascono vini piacevoli e molto territoriali. L’80% della produzione della Basilicata è in rosso, con il vitigno aglianico del Vulture che è la star indiscussa della regione. La versione Superiore dà vita all’unica Docg della Basilicata, ma il vitigno è molto interessante anche quando è vinificato in rosa e come spumante.

A questo si affiancano alcune uve presenti anche nelle regioni vicine, come il bombino nero e la malvasia nera, e gli immancabili internazionali, quali merlot e pinot nero. Una curiosità tutta lucana è invece il guarnaccino, un vitigno a bacca rossa, della zona di Chiaromonte, nel Pollino, che era quasi scomparso e oggi è stato recuperato per produrre vini speziati e mediterranei. La diffusione dei bianchi è invece ancora molto limitata: quelli più interessanti sono a base di malvasia della Basilicata, in purezza oppure insieme con il moscato, per vini secchi e molto aromatici.

Aglianico del Vulture Superiore Serpara 2013 Re Manfredi – Terre degli Svevi
È un rosso di grande eleganza, che si fa ricordare per i profumi balsamici e speziati e il sapore equilibrato e persistente. Con grigliata di carne. 32 euro, gruppoitalianovini.it

Recepit Rosso 2017 600 Grotte
Da una piccola cantina, alfiere del vitigno guarnaccino nero, è un rosso fruttato e balsamico, di buona struttura e sapidità. Con spezzatino con patate. 14,50 euro, 600grotte.it

Maschitano Rosato 2019 Musto Carmelitano
L’aglianico del Vulture è qui declinato in versione rosa, per un vino vibrante, saporito, fresco e molto gastronomico. Con pizza ai frutti di mare. 13 euro, mustocarmelitano.it

Morbino 2018 Michele Laluce
È un bianco da uve moscato e malvasia bianca di Basilicata, molto aromatico, con intriganti profumi di erbe e frutta bianca. Con insalata di mare. 12 euro, vinilaluce.com

Metodo Classico Brut Rosé
La Stipula Cantine del Notaio A dimostrazione della grande versatilità dell’uva aglianico, c’è anche questo spumante fruttato e verticale, con un sapore ricco e un finale leggermente affumicato. Con fritto di crostacei e verdure. 19 euro, cantinedelnotaio.it

Radio Deejay: i trucchi per cucinare al top

Radio Deejay: i trucchi per cucinare al top

Abbiamo ripassato alcuni preziosi consigli fondamentali per cucinare al meglio senza problemi – un esempio: come si rompe la noce di cocco?

Nell’ultima puntata di Il pranzo della domenica, la rubrica dedicata alla cucina ospite del programma DeeNotte condotto da Gianluca Nicola Vitiello ogni venerdì sera su Radio Deejay, noi de La cucina italiana vi sfatiamo qualche mito in cucina.

Come aprire correttamente una noce di cocco

L’idea di colpire una noce di cocco con un martello potrebbe essere talmente irresistibile da dimenticare che prima è necessaria un’altra operazione fondamentale. Non dovete rompere subito il cocco, ma praticare prima di tutto un foro sull’estremità della noce, dove si trovano i cosiddetti occhi. Noterete che uno di questi è solitamente più fragile e, quindi, più semplice da forare utilizzando semplicemente un cavatappi o un coltello, proprio come vedete nel video. Capovolgete la noce di cocco e fate uscire tutto il liquido contenuto al suo interno. Può essere molto comodo appoggiare il cocco su un bicchiere, con il foro rivolto verso il basso, e lasciar scorrere il liquido in autonomia.
Attenzione, questo non è latte, bensì acqua di cocco! Tenetela da parte, dopo vi spiegheremo come usarla per preparare il latte.Finalmente è arrivato il vostro momento: prendete il martello ed esercitate dei colpi decisi sulla noce di cocco. Aiutandovi con un coltello, estraete la polpa bianca dal guscio ed eliminate la pellicola fibrosa che la ricopre, utilizzando un pelapatate. A questo punto potete sciacquare i pezzi di cocco e utilizzarli a piacere.

Quando buttare il sale nella pasta?

Iniziamo dalle quantità: per quanto riguarda il sale nell’acqua il “quanto basta” è sbagliatissimo. In realtà la dose esatta è di 7 gr per 100 gr di pasta e va buttato nell’acqua appena inizia a bollire, mai prima, che vi impedirebbe di far arrivare l’acqua al bollore in tempi veloci, né durante la cottura della pasta.

Come capire se il gelato è vecchio?

In questo caso bisogna fare una distinzione tra gelato industriale e gelato artigianale: quello industriale dura anche un anno, senza alterazioni, nel freezer, a patto che non ci siamo cali di corrente e che non si interrompa la cosiddetta «catena del freddo», ovvero che il prodotto non subisca shock termici. In quel caso noterete che il gelato avrà cambiato lievemente forma, colore e consistenza. La consistenza del gelato in caso di quello artigianale invece deve essere vellutata più che altro al palato: guai a sentire dei cristalli di ghiaccio, sintomo che il gelato è vecchio o che si è scongelato e ricongelato, causa cattiva conservazione: dopo tre giorni un gelato è da considerarsi, se artigianale, già vecchio.

Noi de La Cucina Italiana e Deenotte  su  Radio Deejay vi aspettiamo a settembre! Potete collegarvi via radio, Tv, computer e cellulare, basta scaricare l’app. E se vi siete persi la puntata niente paura: la potete scaricare qui e ci sono anche podcast e playlist. Buona domenica!

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