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Anice: come usarlo in ricette dolci e salate

L’anice è una spezia antica, usata da moltissimo tempo in cucina e che si presta all’uso in molte ricette dolci e salate. Scopriamo come usarla nel modo corretto

L’anice è una delle spezie più antiche e utilizzate in cucina. Era già utilizzato in antichità da Egizi e Romani per aromatizzare piatti e bevande grazie alle sue qualità digestive e rigeneranti. Il suo sapore è tendenzialmente dolce, con un’aroma che ricorda il finocchio e la menta.

L’anice è una spezia molto versatile che riesce a insaporire piatti dolci e salati, accompagnare verdure e formaggi e per preparare tisane, uno squisito liquore – usato molto spesso come digestivo – semplice anche da fare a casa e persino dei gelati.

In cucina, come detto, si presta a svariati utilizzi. Se in epoca antica veniva utilizzato soprattutto per speziare la carne (soprattutto pollo, maiale e coniglio), ora l’uso di questa spezia aromatica non conosce davvero limiti.

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Come usare l’anice in ricette salate

L’utilizzo principale dell’anice nelle ricette salate è quello di aromatizzare il pane e i biscotti fatti in casa e conferire il suo gusto molto particolare e speziato alla carne, soprattutto quella di manzo e di maiale e le carni bianche.

Si può usare anche – come accade spesso nella cucina dei paesi del nord Europa – per dare il suo sapore particolare accanto a formaggi morbidi e per preparare dei contorni di ortaggi come le cipolle.

L’anice è perfetto per accompagnare le tipiche minestre invernali, per una zuppa delicata e avvolgente, il brodo e per una farinata di ceci unica. L’anice nei primi piatti? Anche nelle ricette stellate, come questo risotto con il cavolo nero.

Chi ama i biscotti salati può provarlo nella ricetta tipica dei biscotti salati di Roccalbegna, semplicemente deliziosi.

Come usare l’anice in ricette dolci

L’anice è la spezia ideale per aromatizzare anche le ricette di dolci.
Torte, biscotti, panpepati, pandolci, frutta secca, brioche: i suoi usi in cucina sono praticamente infiniti!
Ci sono i dolci tradizionali – come quelli di Natale e Pasqua – e i dolci regionali, come le famose Ferratelle abbruzzesi.

Si può usare anche per aromatizzare la frutta , ad esempio per una macedonia sfiziosa o delle pere al moscato.

Questa preziosa spezia è usata anche nella preparazione dei gelati, in particolare modo dei ghiaccioli.

Altre ricette con l’anice

» Fagottini di sfoglia con pere e cioccolato

Misya.info

Sbucciate la pera, eliminate il torsolo centrale, tagliatela a dadini e mescolatela con lo zucchero di canna.

Dividete la pasta sfoglia in 9 parti uguali, quindi farcitele con un pezzetto di cioccolata e un po’ di pera, lasciando i bordi liberi.

Chiudete i fagottini portando tutti gli angoli verso il centro e unendoli tra loro, quindi trasferiteli sulla teglia rivestita di carta forno, spennellateli con un po’ di latte e, volendo, aggiungete un pochino di zucchero di canna.

Cuocete per circa 20 minuti o fino a doratura a 180°C, in forno ventilato già caldo.

I fagottini di sfoglia con pere e cioccolato sono pronti: lasciateli intiepidire un pochino, decorate con zucchero a velo e servite.

Ricerche frequenti:

Capodanno in Sicilia: il pranzo dello chef, ricetta compresa

Capodanno in Sicilia: il pranzo dello chef, ricetta compresa

Dal sugo del falso magro alla pasta ‘ncasciata fino al buccellato, il pranzo del Primo dell’Anno di chef Procopio – ricetta del cavolo trunzu di Aci in regalo

“Il pranzo del Capodanno ha il profumo del sugo del falso magro ma anche della cannella, delle mandorle tostate e dei fichi”. Sono i ricordi di infanzia che si perpetuano e rivivono nella memoria ma anche nei piatti, quelli di Gaetano Procopio, executive chef del Relais San Giuliano a Viagrande, ai piedi dell’Etna.

Il Primo dell’Anno conserva la sacralità del rito delle festività ma anche l’adrenalina e l’effervescenza di un nuovo anno che sta per arrivare. Le tavole siciliane sontuose e strabordanti di cibo, narrano l’epopea  gastro-sicula di tradizioni millenarie. Una tessitura fatta di contaminazioni, stratificazioni culinarie lasciate in eredità dalle dominazioni succedutesi nell’Isola. Ogni piatto è legato ad un ricordo, ad un episodio, ad una narrazione storico-leggendaria. 

Anche il pranzo del Capodanno siciliano non si sottrae allo storytelling antropologico e si intreccia con la storia popolare. Nel dialogo con lo chef Procopio, che con i lettori di La Cucina Italiana ha condiviso il suo pranzo di Capodanno e la sua ricetta, ci addentriamo nelle cucine siciliane, in costante fermento durante il periodo delle festività, in vista della grande bouffe del primo dell’anno.

Chef Gaetano Procopio

“Si comincia dall’antipasto- ci racconta lo chef- dove non possono mancare le crispelle di acciughe o ricotta, la zucca in agrodolce,  il baccalà fritto, l’insalata di pesce stocco, la caponata siciliana. Immancabili gli evergreen delle tavole siciliane come i salumi, formaggi e le scacciate”.

Gli appetizers, abbinati alle bollicine siciliane, rappresentano un warm up degno della migliore tradizione isolana. I primi piatti, sono un omaggio, senza riserve, all’espressione più autentica dell’Isola. Procopio non ha dubbi: “la pasta del pranzo di Capodanno è una scelta tra lasagne, anelletti al forno, pasta n’casciata. Personalmente, preparerò le lasagne, un classico che non deve mancare per iniziare il nuovo anno”.

Una maratona culinaria in slow motion, la tavola di inizio anno è un auspicio di salute e gioia, che in Sicilia diventa ancora più altisonante e abbondante. Si arriva ai secondi con la gioia e l’entusiasmo dell’attesa, ben ripagata e soddisfatta. “Il simbolo del pranzo del Capodanno è per me tutto nel falso magro, avvolto nella cotenna di maiale e messo al sugo”- commenta lo chef Procopio.  “In Sicilia lo chiamiamo “bruciuluni” ed è il piatto che mi riporta indietro alla mia infanzia, quando mia nonna iniziava a cucinare il falso magro la sera del 31, per poi svegliarsi all’alba ed inondare la cucina di profumo di sugo”.

Polpo al sugo

I contorni sono rigorosamente di verdure stagionali e locali, preferibilmente selvatiche come broccoli, senape, caliceddi, cavolo trunzu di Aci, quest’ultimo, un cavolo rapa coltivato negli orti di Aci, oggi presidio Slow Food.

Come ogni chef siciliano che si rispetti, anche Procopio fa del ricordo culinario un vivido presente, siglando un patto per restituire ad ogni piatto siciliano il dono dell’eternità.

Mandorle, cioccolato, fichi secchi, pistacchi, mandarini siciliani, ci guidano e ci preparano verso il dolce di inizio anno. Siamo vicini al gran finale, che per Procopio ha un unico nome e sapore: quello del Buccellato siciliano, “il vero dolce siciliano simbolo delle festività”, aggiunge lui. Un dolce a forma di ciambella, preparato con una pasta semi-frolla, farcito con fichi secchi, mandorle, cioccolato fondente, cannella, scorze di arancia e cedro canditi, pistacchi, noci, cacao amaro in polvere. Si completa l’opera con una guarnitura di ciliegie candite e granella di pistacchio.

Doveroso un abbinamento con un vino dolce siciliano: la Malvasia delle Lipari o il Passito di Pantelleria.

La memoria fa ancora un altro viaggio prima del brindisi finale: quello che riporta lo chef Procopio alla decorazione della tavola di Capodanno. “Tutto intorno è un ‘esplosione di profumi: mandarini siciliani, mandorle, torroni, pistacchio, una stella di Natale come centrotavola ci ricorda la festività”.

Chef Procopio e il cavolo trunzu di Aci

L’esordio dello chef Procopio è in piena adolescenza, all’età di sedici anni. Fu allora, che iniziò il suo percorso a Catania e provincia, prima in pizzeria e successivamente nelle cucine di ristoranti e alberghi di Taormina. Dopo una gavetta preliminare nell’Isola, lo chef Procopio approda a La Pergola di Heinz Beck, dove trascorre cinque anni altamente formativi. “Lo chef Heinz Beck mi ha insegnato il rispetto della materia prima e una grande tecnica nel lavorare gli ingredienti”. Il ritorno in Sicilia è nelle cucine di Casa Grugno di Taormina e poi in quelle dell’esclusivo Hotel Villa Sant’Andrea del gruppo Belmond.

Ci sono ancora due anni come resident chef in uno dei posti più charming della Sicilia, Monaci delle Terre Nere, prima di approdare nel 2021, al Relais San Giuliano, un boutique hotel de charme a Viagrande, non lontano dal vulcano Etna. In questa dimora storica, tra le più belle in Sicilia, Procopio dirige la brigata del Ristorante I Palici, di recente premiato con due forchette del Gambero rosso.

Chef Procopio raccoglie il cavolo trunzu di Aci

“Mi definisco uno chef contemporaneo- commenta lo chef-perché la mia cucina non stravolge l’ingrediente ma lo rispetta nella sua essenza pur declinandolo in diverse espressioni”. Verdure dell’orto, carne, pesce ma soprattutto una grande tecnica e disciplina che consentono a Procopio di lavorare le materie prime con grande maestria senza estremizzarle e portarle lontano dalla loro matrice.

Come quando ha ideato e realizzato un menù vegetariano dedicato interamente al cavolo trunzu di Aci,  un ortaggio particolarmente amato dallo chef perché  versatile, dalle straordinarie proprietà e soprattutto risorsa locale. Ninfea di Cavolo Trunzu” è il piatto che più mi rappresenta, commenta Procopio, che ha condiviso la ricetta con i lettori. Si tratta di carpaccio di cavolo trunzo marinato in aceto con pepe di Sichuan, polvere di cavolo e salsa di foglie di cavolo trunzo.

“Oggi essere contemporanei significa reinterpretare il passato ma senza stravolgerlo, aggiungendo la contemporaneità della tecnica insieme al totale rispetto della materia prima”.

Ricetta: Ninfea di Cavolo trunzu di Aci 

Ninfea di cavolo trunzu di Arci

Ingredienti:
Cavolo trunzu di Aci
Aceto balsamico bianco 40gr
Vino bianco carricante 20gr
Sale 2gr
Pepe nero 1gr
Olio evo 130 gr
Olio di sesamo 20 gr
Sesamo nero 1gr

Procedimento:
Togliere le foglie, e passarle ad un estrattore. Pelate i gambi e tagliarli a losanga e la parte centrale in affettatrice, marinarli in vino bianco, aceto balsamico bianco e aceto. Con le bucce della parte centrale essiccate a 60 gradi per una notte, ricavare una polvere violacea. Preparare un dressing con 25 gr di marinatura, olio di sesamo, olio evo, sale e pepe.

Testo raccolto da Liliana Rosano

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