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Arrosto ai funghi – Ricetta di Misya

Arrosto ai funghi

Innanzitutto, se non l’avete comprato già legato, provvedete a legare la carne con spago da cucina (qui la guida per farlo al meglio).
Fate insaporire l’olio in una casseruola con aglio e rosmarino, poi unite l’arrosto da tutti i lati, in modo da sigillare il grosso dei succhi, quindi sfumate con il vino e condite con sale e pepe.

Coprite la carne con acqua (o brodo) fino a metà e continuate la cottura per circa 2 ore, girandola ogni 30 minuti circa.

Nel frattempo ammollate i funghi secchi con acqua calda per almeno 30 minuti.
A parte, pulite i funghi freschi e tagliateli a tocchetti e, una volta scolati i funghi secchi, uniteli a quelli freschi.

Circa 30 minuti prima della fine della cottura, prima di girarlo per l’ultima volta, unite i funghi intorno alla carne, poi completate la cottura.

Avvolgete l’arrosto con carta di alluminio e lasciatelo riposare l’arrosto per almeno 5-10 minuti.
Nel frattempo lasciate asciugare il fondo di cottura.

Eliminare l’alluminio e lo spago e tagliate la carne a fettine.

L’arrosto ai funghi è pronto, non vi resta che servirlo con tutti i suoi funghetti di contorno.

Martedì grasso: perché si chiama così?

La Cucina Italiana

Ci siamo, è Carnevale: il 13 febbraio è martedì grasso. Si festeggia in maschera, e – per noi adulti – si festeggia soprattutto a tavola, con piatti tipici diversi da regione a regione. In Campania con le lasagne con le polpettine, in Piemonte con la fagiolata, e poi moltissimi dolci, dalle chiacchiere alle frittelle in ogni versione possibile: a Venezia le fritole (insieme ai i “mammalucchi”), in Abruzzo i mignozzi. Capitolo a parte meritano poi i piatti a base di maiale, dalle carni alla brace ai fritti (ancora!) passando per i salumi: il periodo del carnevale, del resto coincide con quello del macello.

Come mai si chiama “martedì grasso”?

Facile allora intuire l’origine del nome: se si chiama “martedì grasso” è perché c’è una ragione gastronomica. Ma non solo. Quello che forse non tutti sanno, infatti, è che c’è anche un motivo preciso che “giustifica” tanti eccessi, e in fondo non è solo religioso. Festeggiare (anche) mangiando pietanze così ricche e importanti è una tradizione millenaria, che risale all’antica Roma e all’antica Grecia. Sono in tanti infatti a ritenere che il Carnevale tragga origine dai Saturnali e dalle feste dionisiache: ricorrenze in cui si ballava, si cantava, ci si mascherava perché ognuno potesse essere almeno per un giorno chiunque altro, e soprattutto si mangiava. O meglio: tutti potevano mangiare, senza distinzioni di classi sociali.

Una tradizione ripresa poi dal cattolicesimo (come tante altre feste di derivazione pagana, del resto), e “ufficializzata” come Carnevale intorno al 1400. Le prime testimonianze dell’uso della parola “carnevale” vengono dai testi del giullare Matazone da Caligano alla fine del XIII secolo e del novelliere Giovanni Sercambi. Inoltre la parola stessa la dice lunga su quanto la festa sia stata poi legata dalla religione al cibo: deriva dal latino “carnem levare”e cioè “eliminare la carne,” proprio perché dopo questo periodo di bagordi comincia il digiuno della Quaresima. Insomma, il martedì grasso non è altro che l’ultimo giorno di abbuffate.

Perché si dice giovedì grasso

Per il cattolicesimo, infatti, nei quaranta giorni che precedono la Pasqua – escluse le domeniche – va bandita la carne (nell’interpretazione più ortodossa anche qualsiasi altro cibo possa essere considerato un peccato di gola). Ecco perché prima del Mercoledì delle Ceneri è “concesso” esagerare. In particolare si comincia dall’ultimo giovedì del periodo di carnevale, il “giovedì grasso”: anche in questo caso l’origine del nome è dunque legata alla tavola. Del resto, oltre al fatto che dal giovedì cominciano in tante città le sfilate dei carri, ci sono anche usanze gastronomiche specifiche legate esclusivamente alla giornata: a Catania, per esempio, si mangia la pasta che cincu puttusa”, ossia la pasta con cinque buchi (che è un formato molto particolare, conditi con del sugo di pomodoro), mentre a Firenze si mangia il berlingozzo, dolce da forno a forma di ciambella.

Perché martedì e giovedì grasso cadono sempre in giorni diversi

Se ogni anno si festeggiamo il carnevale in giorni diversi è perché a dettare il calendario è sempre la Pasqua, che ogni anno – come previsto dal decreto del Concilio di Nicea nel 325 d.C – si celebra la prima domenica dopo la prima luna piena che segue l’equinozio di primavera, in un intervallo di tempo che va dalla seconda metà di marzo (il 22) alla seconda metà di aprile (il 25). Stabilita la domenica di Pasqua, si conta all’indietro di 46 giorni (escludendo le domeniche, in cui come già scritto, non è previsto digiuno), fino ad arrivare al Mercoledì delle Ceneri. Il giorno prima è dunque il Martedì grasso, Carnevale.

Perché a Milano il carnevale finisce più tardi

Così dappertutto, fuorché a Milano, dove il carnevale si festeggia per quattro giorni in più, fino al sabato (“grasso”, anche quello). Secondo la leggenda è così da quando il vescovo Ambrogio, a Roma per un pellegrinaggio, chiese ai fedeli di aspettare il suo ritorno per dare il via alle celebrazioni della Quaresima. Altra leggenda invece dice che il vescovo chiese al Papa di poter allungare il Carnevale includendo nel conto dei 40 giorni anche le domeniche: insomma, un modo per festeggiare un po’ di più.

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