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Curry di ceci – Ricetta di Misya

Curry di ceci

Innanzitutto sciacquate il riso sotto acqua corrente finché l’acqua non uscirà limpida, in modo che il riso perda il suo amido.

Mondate la cipolla, tritatela e fatene appassire metà (senza arrivare a farla dorare) in una casseruola con il burro.
Tenete l’altra metà da parte, la userete per i ceci.

Aggiungete cannella e chiodi di garofano e lasciate insaporire, poi unite anche il riso, fatelo tostare per qualche minuto, quindi unite il brodo già caldo, chiudete con coperchio e lasciate cuocere per circa 15 minuti (o fin quando il riso non avrà assorbito tutto il brodo)a fiamma medio-bassa senza mescolare.
Una volta pronto spegnete il fuoco e sgranate il riso con i rebbi di una forchetta per far separare i chicchi.

Nel frattempo che il riso cuoce procedete con i ceci: fate dorare la cipolla in un’ampia padella antiaderente con l’olio, poi unite le spezie (tranne il pepe) e lasciate insaporire.

Aggiungete anche ceci, latte di cocco, maizena e pepe e mescolate a fiamma bassa finché il sughetto non si sarà addensato formando una cremina.

A questo punto potete impiattare, mettendo in un piatto da un lato il riso e dall’altro i ceci al curry.

Tutto qua, il curry di ceci è pronto per essere gustato, eventualmente con un’altra spolverata di paprica.

Paccheri allo scarpariello: la ricetta verace di Ciro Di Maio

La Cucina Italiana

Era già successo con la pizza Mano de Dios, dedicata al leggendario gol di Maradona. Ora Ciro Di Maio ha fatto diventare virali i paccheri allo scarpariello. Tutto, ancora una volta, con un video su TikTok in cui il pizzaiolo e cuoco napoletano, ora titolare di una ristorante-pizzeria a Brescia (San Ciro), ha ricordato come si prepara questo piatto di pasta simbolo della cucina popolare napoletana, e perché è emblematico di questa cultura gastronomica così genuina e solare.

I paccheri allo scarpariello di Ciro Di Maio

Una videoricetta brevissima, ancora una volta dedicata alla città in cui è nato, cresciuto, e ripartito per una nuova vita, in cui Di Maio mostra i pochi, pochissimi, passaggi necessari per preparare questo piatto di pasta profumato e saporito. Perché basta poco: i paccheri allo scarpariello si fanno con pomodori, formaggio e paccheri.

La storia dei paccheri allo scarpariello

No, non è un semplice piatto di pasta al pomodoro. Non solo per il sapore, ma per la storia. I paccheri allo scarpariello, infatti, sono nati all’inizio del 900 nei popolari Quartieri Spagnoli, tra le botteghe dei calzolai (gli “scarpari”). Erano il piatto del lunedì, che gli artigiani preparavano con quello che avanzava del ragù (o del sugo) della domenica, e con il formaggio con cui venivano pagati dai contadini che non avevano altro per ricambiarli del lavoro fatto per loro. Insomma, un piatto di recupero, che poi negli anni si è (leggermente) evoluto, perché ora i paccheri allo scarpariello si fanno con i pomodori freschi (i corbarino o quelli del piennolo sono tra i migliori) che si usano per un sughetto veloce e molto versatile. Anche per questo, in effetti, c’è chi fa lo scarpariello anche con altri formati di pasta.

Il video virale dei paccheri allo scarpariello

Ciro Di Maio, nel suo video che ha raggiunto i 2 milioni di views e condivisioni, segue la ricetta verace, con qualche piccola variante: fa imbiondire l’aglio, ci versa i pomodori, e mentre cuoce il sughetto e la pasta fa anche una cialda con il Grana. Poi, dopo aver scolato la pasta, averla mantecata con il sughetto e un mix di Pecorino Romano Doc e Grana (rigorosamente a fuoco spento per far diventare il tutto una crema), versa la pasta nella cialda (che peraltro ricorda l’antica pignatta dei calzolai), e la mostra con un fare soddisfatto e sorridente.

«Facilissima», commenta Di Maio nel video a fine preparazione. E poi: «Come si dice a Napoli questa è proprio la cucina di mammà». Come per dire che questo piatto nella sua genuinità e semplicità è esemplare di una cucina che rincuora, come sempre succede con quella della mamme. Ma anche che racconta di una cucina che fa sorridere con poco, quella meridionale e campana. Siamo dei sentimentali? Può darsi (da campani). Ma è assolutamente vero che certi sapori aiutano, specie in momenti di stress. Ciro Di Maio, a chiusura del video, in effetti osserva: «Siamo tutti in un momento difficile, tra rincari e bollette, ma vi voglio ricordare un proverbio napoletano che recita “’Chiù nir ra mezzanott nun’ pò vinì”». E cioè “Il cielo non può esere più nero di quello della mezzanotte”. Chissà se è stato anche per questo pizzico di saggezza popolare che a Ciro Di Maio non manca mai, che il video ha riscosso così tanto successo.

Probabilmente non se lo aspettava. «I Paccheri allo Scarpariello sono l’emblema della cucina povera, che però ha dentro tutti i gusti migliori della Campania. Quando ho proposto la ricetta, raccontata in stretto napoletano, sul profilo Tik Tok di San Ciro non immaginavo tanto successo. Siamo a 2,1 milioni di visualizzazioni e quasi duemila commenti», ha commentato dopo il successo della sua videoricetta. «Raccontare ai giovani le nostre tradizioni è fondamentale e riuscirci su canali social presidiati dai ragazzini è davvero fonte di speranza per il mantenimento della tradizione culinaria napoletana. Anche perché la bellezza di questo piatto è che è figlio della cultura del riuso degli ingredienti poveri, che uniti insieme creano ricette che il mondo ci invidia».

Halal: guida semplice e veloce

La Cucina Italiana

Halal, un concetto che trasuda di significato, va ben oltre la sua traduzione letterale di “lecito” in italiano (il cui contrario è Haram, ovvero “illecito”). Per svelare le sfumature più intricate di questo principio fondamentale della pratica religiosa musulmana, ho avuto il piacere di intervistare Walid Bouchnaf, il responsabile qualità di BeHalal Srl. Attraverso questa conversazione, Bouchnaf mi ha guidato in un viaggio di comprensione che trascende il mero “divieto” di assunzione di carne di maiale e le dinamiche della macellazione rituale, rivelando un panorama più ampio che caratterizza l’approccio Halal alla vita quotidiana.

Cos’è l’Halal (in maniera semplice)

Walid Bouchnaf ha iniziato la nostra conversazione evidenziando che l’Halal non è semplicemente un insieme di regole alimentari, bensì una filosofia che permea ogni aspetto della vita dei musulmani. La pratica dell’Halal non è circoscritta al solo atto di mangiare, ma si estende a lavoro, istruzione, relazioni sociali e persino alle azioni quotidiane come andare in bagno. Il musulmano, quindi, ricerca ciò che è lecito e si sforza di allontanarsi da ciò che è considerato illecito o Haram.

All’interno della sfera alimentare, sono stata guidata attraverso una comprensione più profonda dell’Halal. Non si tratta quindi solamente di scegliere alimenti leciti, ma anche di valutare le modalità di ottenimento. La macellazione rituale, spesso erroneamente identificata come l’essenza dell’Halal, è solo una parte di un quadro più ampio. Questo processo, che implica l’uccisione dell’animale per dissanguamento, non è solo un atto religioso, ma anche un approccio tecnico che mira a garantire l’igiene, considerando il sangue come un potenziale veicolo di batteri e virus e quindi illecito.

Bouchnaf ha sottolineato che l’attenzione all’etica non si ferma alla macellazione, ma abbraccia il benessere complessivo dell’animale. L’animale deve essere in ottime condizioni fisiche e psicologiche, provenire da allevamenti etici e rispettare specifici standard. Inoltre, l’azienda che commercializza il prodotto deve aderire a valori religiosi ed etici, pagare le tasse e non essere coinvolta in attività illegali o legate alla mafia.

Si enfatizza, quindi, che l’Halal non è semplicemente una questione di carne, ma un approccio olistico alla vita, coinvolgendo questioni ambientali, etiche e di responsabilità sociale. Non è solo ciò che si mangia, ma anche come si produce e si commercializza.

Halal: esistono certificazioni?

Per quanto riguarda il mondo delle certificazioni, sì, esistono quelle specifiche Halal e Bouchnaf ha illustrato il ruolo fondamentale di organizzazioni come BeHalal (per cui lui lavora) nel settore alimentare e no. Queste entità si pongono come ponte tra la dimensione religiosa e quella industriale, garantendo che gli standard di qualità, etica, sicurezza e rispetto ambientale siano rispettati.

Cibo: cosa è preferibile mangiare e quando

Dopo aver esplorato i precetti coranici la conversazione si è conclusa esplorando il rapporto tra Islam e cibo, per quello che suggerisce la Sunna, ovvero il comportamento del Profeta in termini di pratiche ed educazione. Walid ha condiviso che la tradizione islamica incoraggia la moderazione nell’alimentazione, poi la condivisione dei pasti, l’apprezzamento di ciò che si ha e l’esortazione a non sprecare cibo.
Gli Hadith (aneddoti sulla vita del Profeta, parte costitutiva della Sunna) forniscono indicazioni specifiche sugli alimenti, sottolineando i benefici di frutta e verdura.

Cosa e come consumare

Tutte le piante coltivate, erbe e funghi sono considerati leciti per l’uomo, escludendo quelli dannosi per la salute o che offuscano la ragione, come alcolici e droghe. Gli Hadith riportano la predilezione del Profeta per alcuni alimenti, tra cui anguria, melone, cetrioli, uva, mela cotogna e il frutto Kebas dell’albero del Miswak.

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