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Prezzi delle materie prime alimentari nel 2023: l’analisi FAO

La Cucina Italiana

Nel mese di dicembre 2023, l’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’Alimentazione e l’Agricoltura (FAO) ha rivelato variazioni significative nei prezzi delle materie prime alimentari a livello mondiale, con alcuni settori in calo e altri in crescita. L’Indice dei prezzi alimentari della FAO ha registrato una media di 118,5 punti, mostrando una diminuzione dell’1,5% rispetto a novembre e del 10,1% rispetto a dicembre 2022.

Materie prime alimentari: l’andamento prezzi nel 2023

Cereali

L’indice dei prezzi dei cereali è aumentato dell’1,5% a causa dell’aumento dei prezzi di grano, mais, riso e orzo. Questo incremento è stato influenzato dalle interruzioni logistiche che hanno ostacolato le spedizioni dai principali Paesi esportatori. Nonostante ciò, l’indice annuale è rimasto del 15,4% al di sotto della media del 2022, indicando mercati globali ben riforniti.

Olio vegetale

L’indice dei prezzi dell’olio vegetale è diminuito dell’1,4%, principalmente a causa del calo degli acquisti di olio di palma, soia, colza e semi di girasole. Il rallentamento della domanda di olio di soia nel settore del biodiesel e il miglioramento delle condizioni climatiche in Brasile hanno contribuito a questo declino. L’indice annuale è risultato essere del 32,7% inferiore al livello dell’anno precedente.

Zucchero

L’indice dei prezzi dello zucchero ha registrato una diminuzione del 16,6% rispetto a novembre, toccando un minimo di nove mesi. Tuttavia, è ancora in crescita del 14,9% rispetto a dicembre 2022. La produzione accelerata in Brasile e la riduzione dell’uso della canna da zucchero per la produzione di etanolo in India sono stati i principali fattori di questo calo.

Carne

L’indice dei prezzi della carne ha registrato un calo dell’1,0% a dicembre, influenzato dalla debolezza della domanda di importazioni di carne suina dall’Asia. Anche gli acquisti regionali di carni bovine e di pollame hanno rallentato, nonostante le ampie forniture esportabili. Tuttavia, i prezzi della carne ovina sono aumentati in vista delle festività.

Prodotti lattiero-caseari

In contrasto con le tendenze negative, l’indice dei prezzi dei prodotti lattiero-caseari è cresciuto dell’1,6% a dicembre. Sebbene rimanga inferiore del 16,1% rispetto a dicembre 2022, questo aumento mensile è stato trainato da quotazioni più elevate per burro e formaggio, supportate dalle forti vendite interne in Europa occidentale e dalla crescente domanda globale di polveri di latte intero.

Fonte Fao

Aumento dei prezzi: sale il conto delle importazioni alimentari

La Cucina Italiana

Secondo un nuovo rapporto pubblicato dall’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’Alimentazione e l’Agricoltura (FAO), si stima che nel 2022 la spesa mondiale per le importazioni di prodotti alimentari salirà a 1,94 trilioni di dollari, più di quanto previsto in precedenza. 
La nuova previsione presentata nel Food Outlook della FAO segnerebbe un massimo storico e un aumento del 10% rispetto al livello record del 2021, anche se il ritmo dell’aumento dovrebbe rallentare in risposta all’aumento dei prezzi mondiali dei prodotti alimentari e al deprezzamento delle valute rispetto al dollaro statunitense. Entrambi pesano sul potere d’acquisto dei Paesi importatori e, di conseguenza, sui volumi di cibo importato. 

La maggior parte dell’aumento della bolletta è rappresentata dai Paesi ad alto reddito, soprattutto a causa dell’aumento dei prezzi mondiali, mentre si prevede un aumento anche dei volumi. I gruppi di Paesi economicamente vulnerabili sono maggiormente colpiti dall’aumento dei prezzi. Ad esempio, si prevede che il conto aggregato delle importazioni alimentari per il gruppo dei Paesi a basso reddito rimarrà pressoché invariato, anche se si prevede che si ridurrà del 10% in termini di volume, evidenziando un crescente problema di accessibilità per questi Paesi

«Si tratta di segnali allarmanti dal punto di vista della sicurezza alimentare, perché indicano che gli importatori hanno difficoltà a finanziare l’aumento dei costi internazionali, il che potrebbe preannunciare la fine della loro resistenza all’aumento dei prezzi internazionali», avverte il rapporto della Divisione Mercati e Commercio della FAO. 

Il rapporto Food Outlook, che analizza i modelli di commercio alimentare per gruppi di alimenti, avverte che le differenze esistenti sono destinate ad accentuarsi, con i Paesi ad alto reddito che continuano a importare l’intero spettro di prodotti alimentari, mentre le regioni in via di sviluppo si concentrano sempre più sugli alimenti di base. In questo contesto, la FAO accoglie con favore l’approvazione da parte del Fondo Monetario Internazionale di una Finestra per gli shock alimentari – ampiamente basata sulla proposta della FAO di uno Strumento per il finanziamento delle importazioni alimentari – come un passo importante per alleviare l’onere dell’impennata dei costi delle importazioni alimentari tra i Paesi a basso reddito. 

Il Food Outlook valuta anche la spesa globale per l’importazione di fattori produttivi agricoli, compresi i fertilizzanti. Si prevede che la spesa globale per l’importazione di fattori produttivi salirà a 424 miliardi di dollari nel 2022, con un aumento del 48% rispetto all’anno precedente e del 112% rispetto al 2020. 

I costi più elevati per l’energia e i fertilizzanti importati sono alla base dell’aumento previsto. Entrambi sono particolarmente rilevanti nella bolletta delle importazioni e mettono a dura prova i conti correnti dei Paesi a basso e medio reddito. Di conseguenza, alcuni Paesi potrebbero essere costretti a ridurre gli impieghi dei fattori produttivi, con la conseguenza quasi inevitabile di una minore produttività agricola e di una minore disponibilità di cibo a livello nazionale. Secondo la FAO, «le ripercussioni negative sulla produzione agricola mondiale e sulla sicurezza alimentare» potrebbero protrarsi fino al 2023. 

Tendenze alimentari

Pubblicato due volte l’anno, il Food Outlook analizza l’andamento dell’offerta e dell’utilizzo del mercato per i principali prodotti alimentari del mondo, tra cui cereali, colture oleaginose, zucchero, carne, prodotti lattiero-caseari e pesce. Inoltre, analizza l’andamento dei noli marittimi. Le forniture della maggior parte di questi prodotti di base sono a livelli record o quasi, ma diversi fattori indicano che i mercati saranno più rigidi. Si prevede che la produzione mondiale di grano raggiungerà il livello record di 784 milioni di tonnellate nel 2022/23, grazie alla significativa ripresa dei raccolti in Canada e nella Federazione Russa. Ciò dovrebbe spingere le scorte mondiali di grano a livelli record, anche se il rapporto rileva che gli accumuli sono previsti soprattutto in Cina e nella Federazione Russa, mentre nel resto del mondo si prevede un calo dell’8% delle scorte. 

Si prevede che le scorte di cereali secondari scendano ai livelli più bassi dal 2013, a causa dei prelievi dalle scorte nei principali Paesi in seguito ai previsti cali di produzione. Si prevede che la produzione mondiale di cereali secondari scenderà del 2,8% nel 2022, a 1467 milioni di tonnellate. Sebbene sia probabile un calo nel 2022/23, si prevede che la produzione mondiale di riso rimanga a un livello medio complessivo, sostenuta dalla tenuta dei livelli di semina in Asia e dalla ripresa della produzione in Africa. 

Si prevede che la produzione mondiale di semi oleosi si riprenda e raggiunga il massimo storico nella campagna 2022/23, con un aumento della produzione di soia e colza che dovrebbe compensare un probabile calo della produzione di semi di girasole. 

Anche la produzione mondiale di zucchero è prevista in aumento, grazie alle aspettative di una ripresa significativa della produzione brasiliana e di raccolti più consistenti in Cina e Thailandia, mentre il consumo è visto crescere a un ritmo più lento. 

Nel 2022 si prevede un modesto aumento della produzione mondiale di carne e prodotti lattiero-caseari, mentre la produzione totale di pesca e acquacoltura dovrebbe aumentare a livello globale dell’1,2%, con un’espansione del 2,6% della produzione di acquacoltura che dovrebbe più che compensare un leggero calo della produzione di pesca di cattura. 

Siccità, caldo, aumento dei prezzi: perché sono correlati?

La Cucina Italiana

Non bastava l’inflazione a gravare sulle tasche degli italiani che fanno la spesa. Si aggiungono pure il caldo e la siccità a mettere a dura prova gli agricoltori e gli allevatori, a rendere più difficile e limitata la produzione degli alimenti e, quindi, ad alzarne ulteriormente i prezzi.

A rischio la dieta mediterranea 

Quest’anno le temperature roventi hanno ridotto dell’11% il raccolto dei pomodori da salsa per preparare polpe, passate, sughi e concentrato. La produzione nazionale diminuisce fino a 5,4 miliardi di chili: una bottiglia di passata su 10 in meno, come emerge da uno studio della Coldiretti.

Ma sono praticamente anche tutti gli altri alimenti che compongono la dieta mediterranea a risentire del cambiamento climatico, dal grano destinato alla produzione di pasta (stimato in calo di circa il 15% anche se di ottima qualità), all’extravergine di oliva nazionale (gli ulivi soffrono per la mancanza di piogge), alla frutta e verdura, che bruciano nei campi con danni fino al 70% (quest’anno in Puglia le pere e le pesche costano tra il 17 e il 19% in più rispetto all’anno scorso). Diminuisce la capacità produttiva del riso, mentre il suo prezzo è in aumento del 20%. 

Il mare entra nel Po

Il mare entra nel Po e il cuneo salino che sale nei campi minaccia il 30% dell’agroalimentare Made in Italy e la metà dell’allevamento della Pianura Padana. Nel Delta del Po, la salinità aumentata e la mancanza di ricambio idrico stanno uccidendo cozze e vongole (-20%) e favoriscono, invece, la proliferazione delle alghe, che vanno rimosse perché non soffochino ogni forma di vita. Si allargano le zone di «acqua morta», dove si moltiplicano insetti e cavallette che, solo in Sardegna, hanno già devastato quasi 40mila ettari di campi.

Le mucche provate dal caldo

Sale del 10-15% anche il prezzo del latte: le mucche, per rendere al meglio, avrebbero bisogno di vivere a 22 – 24 gradi, invece dei quasi 40 raggiunti in questi giorni. I bovini, provati da caldo e siccità, bevono molto di più – anche oltre 140 litri d’acqua al giorno ciascuno, contro i 70 litri dei periodi in cui il caldo è più moderato – e producono meno latte (-20% secondo Coldiretti), che viene a costare più caro. Diminuisce del 45% anche il raccolto di mais e foraggi per l’alimentazione degli animali di allevamento.

D’altra pare, il primo semestre del 2022, con una temperatura che supera i 0,76 gradi rispetto alla media storica e precipitazioni dimezzate (il calo è del 45%), si classifica in Italia come l’anno più caldo di sempre.

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