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Alla ricerca della casseruola perduta

Alla ricerca della casseruola perduta

Esiste un legame tra la cucina dei grandi ristoranti e quella di casa? Antonia Klugmann lo vede, oltre che nei ricordi che ciascuno amplifica quando sta ai fornelli, anche negli strumenti, depositari proprio di quei ricordi.

La passione per le pentole delle nonne è iniziata diversi anni fa. «Ero da sola» dice Antonia, «tornavo da uno dei miei primi stage (ero al Ristorante Dolada – Pieve d’Alpago in provincia di Belluno) e mi sono fermata in un mercatino di antiquariato in un paesino veneto. Lì ho comprato uno sgabello per casa mia e una delle casseruole che ancora oggi usiamo di più al ristorante con un solo manico, fatta di alluminio con fondo spesso, perfetto per tutte le cotture lunghe, i brasati, l’amaranto, la polenta».

Da allora non ha mai smesso di cercarle e di acquistarle (in tanti, amici e clienti affezionati, hanno iniziato anche a portargliele, magari recuperandole proprio dalle cucine della loro nonna) e tra padelle, pentole e coperchi a L’Argine a Vencò, si scoprono gioielli con storie decennali.

Fotografie di Monica Vinella

Quante frittate avrà reso croccanti una padella lionese (in ferro con i bordi abbastanza bassi e svasati)? E quante ancora potrà realizzarne? Questa è una domanda fondamentale, perché il riuso diventa la chiave di volta di una cucina attenta all’ambiente non solo nella scelta degli ingredienti, ma degli strumenti. «Per me le padelle in ferro rappresentano il massimo della resistenza e il massimo della conducibilità, ti consentono di lavorare a temperature altissime senza danneggiarle. Quella che ho comprato da Medagliani (Alberghiera Medagliani, fondata nel 1860, una delle aziende storiche milanesi, punto di riferimento per ogni cuoco, il posto dove reperire tutti gli strumenti e le attrezzature, ndr) 15 anni fa, per il mio primo ristorante, è uguale ad allora. Mi ricordo che Eugenio Medagliani, mi guardò e mi disse: «Signora, io non la conosco, però dalle padelle che compra vedo che andrà bene». Non aveva visto male.

«Quella lionese e le sue compagne non sono mai state sostituite anche perché pulizia e manutenzione sono molto semplici. Dimenticate i luoghi comuni, cioè niente detersivo, niente paglietta. Al contrario, l’importante è lavarla molto bene e oliarla se non la si utilizza spesso. Ma questo non è il mio caso: 30-40 volte al giorno, per 1 anno, per 15 anni».

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