Tag: pasta ricette veloci

Le ricette di mare di luglio

La Cucina Italiana

Immergersi nella bella stagione è ogni anno un’esperienza meravigliosa. Le giornate più lunghe che ci invitano a indugiare al tramonto, le mattine tiepide e luminose, i pomeriggi assolati e i pranzi all’aperto. E poi c’è lui: il mare. E allora perché non prepariamo delle buonissime ricette di pesce per sentirci in sintonia con la stagione? Nella gallery abbiamo raccolto le migliori ricette di pesce per preparare menù che profumano di salsedine, vento tra i capelli e ore dolcissime.

Come comporre un menù di pesce

Per fare un pranzo o una cena di pesce completi e stuzzicanti, è preferibile puntare sulla varietà. Se ad esempio scegliamo di preparare un antipasto a base di gamberi, sarà meglio optare per un secondo piatto in cui proponiamo pesce intero o a filetti, senza ripetere la proposta dei crostacei. Anche per preparare una buonissima grigliata di pesce il segreto è offrire un mix di pesci, crostacei e molluschi che possono essere anticipati da un bel sauté di conchiglie servite come antipasto.

Come servire le ricette di pesce

Se stiamo cucinando delle ricette di pesce per sentirci in vacanza, non resta che completare l’opera con una tavola adeguata. Sì al bianco, al blu e all’azzurro, ma anche a grandi piatti da portata che ricordano quelli delle trattorie vista mare. Mangiare all’aperto poi, renderà ancora più delizioso il tutto. E se non avete un giardino, un terrazzo o un balcone, non preoccupatevi. A volte basta apparecchiare vicino a una finestra aperta per respirare un’aria nuova.

Contorno? Sì grazie

Il contorno perfetto per il pesce è… quello che vi piace di più. Sì a insalate miste, a pomodori cuore di bue tagliati sottili e conditi con olio extravergine d’oliva, sale e origano, a buonissime patate al forno, verdure grigliate, verdure gratinate, peperoni al forno, melanzane spadellate e zucchine a scapece. Ma anche in questo caso, l’importante è esagerare, variare, proporre scelte diverse e colorate che stimolino occhi e palato.

Le nostre pregiate ricette

Ravioli e tortelli, qual è la differenza?

La Cucina Italiana

Salimbene de Adam, frate francescano del XIII secolo autore di una singolare Cronica, ricca di informazioni non solo su eventi politici e religiosi ma anche sul clima, l’agricoltura, gli usi alimentari, per il 1284 ci regala una curiosa nota gastronomica: «Quell’anno, il giorno della festa di santa Chiara [11 agosto] mangiai per la prima volta dei ravioli senza crosta di pasta». Dunque era più normale il contrario: avvolgere i ravioli in un involucro. Allora, il termine «raviolo» non era sinonimo di «tortello», come di fatto è diventato oggi: esso indicava il ripieno di un contenitore, un tortello appunto, una piccola torta l’oggetto gastronomico per eccellenza della cucina medievale.Così come il raviolo poteva essere contenuto in un tortello, il tortello poteva contnere un raviolo. In entrambi i casi si trattava di una scelta. Lo chiarisce bene un libro di cucina toscano del Trecento, quando spiega che i tortelli si fanno di qualsiasi forma: «ferro da cavallo, fibbie, anelli, lettere e ogni animale che tu vuoi», precisando, alla fine, che «li puoi riempire, se tu vuoi». Eventuale il ripieno. Eventuale la «crosta di pasta». Il tortello può essere vuoto o ripieno; il raviolo può essere «protetto» o nudo – in Toscana si chiamano ancora così: gnudi.

Anche Maestro Martino, nel XV secolo, sull’argomento è chiarissimo: a proposito dei «ravioli bianchi» scrive che «voleno esser senza pasta». Ma una nota marginale al testo aggiunge: «et se cum pasta li vorrai, falli». Allo stesso modo, il ricettario cinquecentesco di Bartolomeo Scappi prevede ravioli «con spoglia» e «senza spoglia». È questa, pur con qualche incertezza e con una certa variabilità locale di usi linguistici, la nozione prevalente fino a Pellegrino Artusi: i suoi «ravioli all’uso di Romagna» altro non sono che gnocchetti di farina, ricotta, parmigiano e uova, lessati e conditi con formaggio e sugo di carne. Quando poi introduce i «ravioli alla genovese», così commenta: «Questi, veramente, non si dovrebbero chiamar ravioli, perché i veri ravioli non si involgono nella sfoglia». Il «raviolo aperto» di Gualtiero Marchesi, un celebre, iconico piatto del grande maestro, con cui illustriamo questa pagina, accoglie l’uso – ormai invalso nel Novecento – di chiamare «ravioli» anche i «tortelli». In questo modo egli sovverte il senso antico del gesto del chiudere, attribuendolo non al raviolo (che, restando nudo, non è racchiuso da nulla) bensì al tortello (che non è più racchiuso su sé stesso). Ci riporta, però, Marchesi, con questa sua provocazione, al secolare dibattito sulla possibilità di chiudere o meno quegli oggetti gastronomici. La cucina italiana è cresciuta – e continua a crescere – nel segno di una irriducibile libertà.

Per abbonarti a La Cucina Italiana, clicca qui

Proudly powered by WordPress