Tag: Nonna

Ricetta Tajarin di nonna Carla

Ricetta Tajarin di nonna Carla

Step 1

Per la ricetta dei tajarin di nonna Carla, versate la farina sulla spianatoia ricavando un buco al centro; raccoglietevi le uova, i tuorli, 2 cucchiai di olio e 1 cucchiaino di sale. Impastate con le mani, fino a ottenere un impasto omogeneo. Raccoglietelo a palla, ponetelo in un piatto e coprite con un foglio di pellicola per alimenti. Fate riposare nel frigo per 20‑30 minuti.

Step 2

Spolverate la spianatoia con la farina di mais, ponete al centro l’impasto e spolveratelo con altra farina di mais. Stendetelo con il matterello ricavando una sfoglia spessa 2-3 mm. Tagliatela in rettangoli lunghi 12-14 cm; arrotolate ogni rettangolo e con un coltello a lama liscia tagliatelo per ricavare sottili tajarin. Spolverateli di farina di mais e distribuiteli in un vassoio cercando di non sovrapporli troppo.

Step 3

Mettete i funghi secchi a bagno in acqua calda. Nel frattempo tritate il sedano, la carota e la cipolla e soffriggeteli in un tegame in un velo di olio. Scolate i funghi reidratati, tritateli al coltello e aggiungeteli al soffritto, fate insaporire e unite la passata di pomodoro; completate il ragù con alloro e rosmarino e cuocetelo per 30-40 minuti, regolando di sale.

Step 4

Lessate i tajarin in acqua bollente salata. Se il ragù risulta troppo denso, aggiungete un po’ di acqua di cottura. Scolate la pasta, unitela al sugo e mantecate con un po’ di burro.

Ricetta: nonna Carla di Benedetta Parodi, Testi: Sara Tieni, Foto: Claudio Tajoli

Ricetta La caponata di nonna Maria

Ricetta La caponata di nonna Maria

Step 1

Per la caponata di nonna Maria per prima cosa tagliate 3 melanzane in tocchi, raccoglieteli in uno scolapasta, cospargeteli di sale grosso e lasciateli riposare per almeno 1 ora; dopo sciacquateli, asciugateli, friggeteli in olio di arachide bollente e scolateli su carta da cucina.

Step 2

Nel frattempo pulite e tagliate 2-3 peperoni rossi e gialli e affettate 1 cipolla di grandi dimensioni e 2 gambi di sedano ben sodi.

Step 3

Rosolate in una grande padella con olio extravergine di oliva prima cipolla e sedano, poi aggiungete i peperoni e 10-12 pomodorini ciliegia. Riducete la fiamma, unite 2 cucchiai abbondanti di capperi dissalati e lasciate cuocere per 10-12 minuti al massimo.

Step 4

Aggiungete le melanzane fritte, 60 g di zucchero e 30 g di aceto e fate caramellare brevemente, poi spegnete e profumate con tanto basilico e qualche fogliolina di menta. Mescolate delicatamente e lasciate riposare. Più tempo riposa la caponata, più sarà gustosa.

Ricetta: Maria Lembo, Testi: Angela Odone, Foto: Benedetto Tarantino

Ravioli del plin, storia e ricetta di nonna Metilde | La Cucina Italiana

Ravioli del plin, storia e ricetta di nonna Metilde
| La Cucina Italiana

Metilde Cigliutti vive da sempre tra le colline delle Langhe, insieme ai suoi ravioli del plin. E da sempre sa bene che sono un patrimonio di tutta l’umanità, come pochi anni fa ha riconosciuto anche l’Unesco. «I miei genitori» racconta, «erano contadini. Avevano un po’ di vigneti, ma anche alberi da frutta, perché mio padre amava le pesche e coltivava le varietà più rare e originali che trovava. In passato tutto era molto diverso. D’inverno faceva davvero freddo, la neve scendeva in abbondanza e il ghiaccio restava fino alla primavera. Oggi tutto intorno vediamo filari di viti, ma allora c’erano anche tanti campi di grano e granoturco. In queste zone la mietitura è stata fatta a mano fino agli anni Sessanta». Anche la cucina, nel corso degli anni, è cambiata: «La vita in campagna era durissima. Si mangiava di più e le portate dovevano essere molto nutrienti per sostenere la fatica del lavoro. Oggi alcuni piatti sono complicatissimi, ma allora le pietanze erano semplici, preparate con gli ingredienti disponibili in quel momento».

Se vivi nelle Langhe, non puoi fare a meno di tajarin e ravioli e Metilde era una bambina quando ha imparato a fare la pasta fresca da mamma Clementina. «La cucina era il luogo più importante della casa, era l’unico spazio riscaldato, il centro della vita della famiglia. Durante la giornata, il potagé (la stufa a legna) era costantemente acceso, con il contenitore dell’acqua calda pronto per l’uso. Il fuoco era sempre utilizzato, con il sugo che cuoceva lentamente, le minestre che bollivano nel loro brodo denso per tutta la giornata e i piatti che venivano tenuti in caldo per chi arrivava in ritardo».

Metilde ha festeggiato pochi mesi fa il suo cinquantesimo anniversario di matrimonio. Ha conosciuto suo marito Giuseppe andando a lavorare come cameriera per il ristorante Savona di Giacomo Morra, il padre fondatore della famosa Fiera del tartufo di Alba. Durante una festa organizzata dal ristorante al Castello di Racconigi, i due si sono incontrati e da allora sono stati sempre insieme. «Quando ci siamo sposati, abbiamo fatto una grande festa nel cortile di casa e a cucinare per tutti noi è venuto un cugino. Era autunno e avevamo un cesto enorme di tartufi. Ma allora costavano molto meno di oggi».
E così, da Barbaresco si è trasferita qualche chilometro più in là, ad Alba, nella frazione Madonna di Como, dove vive ancora oggi con il marito, il figlio Mario e il cognato Osvaldo. A pochi passi di distanza c’è il suo piccolo agriturismo, Villa Bricco Paglieri, un’unica casa in affitto con dieci stanze. «Quanto sono cambiati i tempi. In passato gli unici stranieri arrivati in zona», conclude Metilde, «erano stati gli americani verso la fine della guerra. Ora arrivano turisti da tutto il mondo per conoscere la nostra terra, le nostre tradizioni e la nostra storia. E quando vengono a trovarci, c’è sempre un bicchiere di vino e qualche fetta di salame ad aspettarli».

I ravioli del plin, la ricetta di Metilde Cigliutti

«Iniziate cucinando l’arrosto di vitello; come una volta, io aggiungo alla carne anche un po’ di acqua e vi cuocio il riso. A parte, sbollento le erbette (spinaci e coste) e poi le salto in padella con il burro. Quando l’arrosto è pronto, trito insieme carne, verdure e riso e amalgamo con formaggio grattugiato, un uovo e un pizzico di noce moscata. La pasta è simile a quella dei tajarin: dieci uova per un chilo di farina. Dovete tirarla con la macchina finché non diventa molto sottile. Si taglia con la rotella in lunghe strisce larghe circa 5 centimetri; si posa il ripieno in piccole quantità a distanza regolare di poco più di un centimetro e più vicino a uno dei due bordi. Dopo aver ripiegato la pasta, in modo da coprire completamente i mucchietti, arriva il momento del plin, il pizzicotto che chiude per bene il ripieno all’interno della pasta fresca sigillandone le estremità, prima di dividere i raviolini con la rotella. Il condimento? Io preferisco burro e salvia, perché lascia apprezzare tutto il sapore del ripieno. E non preoccupatevi per quelli che si rompono durante la preparazione: saranno ottimi alla sera, da gustare col brodo».

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