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A Cervia nasce Darsena del Sale, un nuovo concept di benessere

La Cucina Italiana

«La bellezza salverà il mondo». Potrebbe essere stata questa consapevolezza a spingere Leopoldo Cavalli, uomo d’affari bolognese già molto impegnato nell’azienda di famiglia Visionnaire e poi in Fonoprint, casa d’incisione che annovera fra i propri artisti i più grandi cantautori italiani, a lasciarsi rapire da un progetto di restauro tanto maestoso quanto ambizioso, quale è stato Darsena del Sale di Cervia, vecchio magazzino per il ricovero del sale, lasciato in uno stato di abbandono per più di cento anni. Dopo aver partecipato al bando cittadino per la ristrutturazione e il recupero di questo esempio di archeologia industriale di inizio Settecento, poi rivisitato negli anni Ottanta dall’architetto De Carlo, e averlo vinto, Leopoldo Cavalli ha buttato il cuore oltre l’ostacolo e ha reso questa superficie di circa 20mila metri quadrati tra interno ed esterno, un luogo in cui si mescolassero come in un continuum perpetuo, acqua e sale, bellezza e relax, cura del corpo e nutrizione, guidato da una filosofia di stampo olistico, in cui il tutto si trova nell’esiguo, il grande nel piccolo. Partendo dal concetto di una nutrizione ideata su misura per ogni individuo, e proseguendo nella ricerca di un benessere a 360°, ha dato vita a un luogo dove il mantra è la cura del sé, in un ambiente meraviglioso in cui l’acqua e il sale divengono le quinte essenziali. «Tutto è scaturito dall’amore», ha spiegato Cavalli. «L’amore per questo posto, che da subito mi ha stregato per la bellezza, il fascino, la capacità di trasmettere emozioni attraverso la luce che entra dalle immense vetrate e crea riflessi magici con l’acqua, che è l’elemento di congiunzione tra il dentro e il fuori». E acqua e sale sono davvero i grandi protagonisti di Darsena, con le vasche che attraversano le sale e i possenti muri di mattone che ancora oggi, dopo un tempo immemore, trasudano sale.  

Cervia, la città ricostruita per i salinari

Innamorarsi di Cervia e delle sue atmosfere è un gioco facile. I canali e i cumuli di sale alti più di tre metri visibili da ogni angolo della città sono uno spettacolo che arriva dritto al cuore. Conoscere la storia delle sue saline, le più piccole e le più a nord di tutta Italia, della sua ricostruzione più vicino al mare, mattone su mattone, per lasciare il luogo dove sorgeva originariamente, avvolto dalla malaria, e la progettazione delle strade e delle case, tutto studiato per venire incontro alle esigenze di chi attraverso il sale dava lustro e sostanza a questo territorio: un racconto intenso e a volte drammatico, come le storie di uomini sanno essere. Cervia è la spensieratezza dei suoi abitanti, la delicatezza della luce che si riflette nei canali e la patina di sale, di quel sale che su tutto si deposita, che dà la vita ma insieme corrode. Un gioco di equilibri, modellato dalla bellezza.  

La parte ristorazione di Darsena del Sale

E se di bellezza vogliamo parlare, la Darsena del Sale ne è un esempio fluido. Fluido come tutta la proposta ristorativa organizzata in spazi diversi, per accogliere il visitatore in ogni momento della giornata, dalle colazioni alle cene e proporgli l’offerta più adatta ai suoi desideri. In spazi curatissimi e separati, si può scegliere tra una pizza o una cena gourmet, passando dalla steakhouse alla patisserie. Trecento i posti a sedere interni divisi tra la Sala dell’acqua al piano terra dove degustare un menù raffinato (imperdibile il Risotto Darsena, riso carnaroli all’estratto di prezzemolo e cavolo nero, semi tostati e gel al limone), il social table per momenti conviviali, la Terrazza sull’acqua al primo piano per colazioni e brunch, e una zona privé dedicata a riunioni d’ufficio o piccoli eventi. Ma non è tutto. La parte esterna della Darsena, circa 17mila metri quadrati, si modellerà secondo un classico della tradizione romagnola: lo street food. Nei Giardini intorno alla chiesa di Sant’Antonio saranno ospitati piccoli dehors con circa 200 posti a sedere, che proporranno il meglio del take away nazionale e internazionale: hamburger o panini di mare, bao cinesi o arrosticini, piadina o pollo fritto. Il tutto accompagnato dai migliori cocktail e vini nazionali e della zona, tra cui una menzione particolare merita l’Albana.

La Spa, salus per acquam

E se il benessere psicofisico è il perno attorno a cui ruota tutto il progetto di Darsena del Sale, non poteva mancare in questo paradiso terreno un’area beauty di 600 metri quadrati organizzata su quattro livelli, dove la Via del Sale rappresenta la sua massima espressione: un percorso terapeutico rigenerante, unico al mondo, una vera e propria passeggiata talassoterapica su un letto di sale di Cervia, a temperature controllate e differenziate, con affaccio a 360° su piazza dei Salinari, sul Canale, sulla Torretta San Michele e sui Giardini, oltre a una vista verticale mozzafiato sulla suggestiva architettura di De Carlo. Ma anche trattamenti tecnologicamente avanzati per la cura del corpo e dello spirito, crioterapie, floating meditativi, saune ed hammam emozionali, rimodellamento del corpo ed eliminazione degli inestetismi attraverso la laser terapia di nuova concezione, cure anti aging attraverso tecnologie non invasive e protocolli naturali. E il sale è il vero protagonista della Beauty Spa, con una proposta di rituali e trattamenti ideali per rimuovere impurità, purificare e riequilibrare la pelle di tutto il corpo. Si può scegliere tra Cuore di Sale, un rituale realizzato su un letto di sale, che trae ispirazione dalle antiche origini della salagione, un trattamento dai forti principi anti infiammatori; oppure il trattamento Detox al Sale seguito dall’idromassaggio, perfetto per rimuovere le impurità dalla superficie cutanea per una pelle purificata e riequilibrata. L’energia e la forza snellente del mare si esprimono poi nel trattamento Thalasso therapy, l’applicazione del fango con plancton e alga spirulina che rimodella e nutre tutto il corpo. Una vera e propria zona di decompressione all’interno di Darsena del Sale, che culmina nell’area relax e tisaneria attraverso l’ausilio di neurostimolazioni per il rilassamento.  

Un regalo per la cittadina di Cervia

Se l’aver recuperato a livello urbano un’area dismessa e averla riportata ai passati splendori è già di fatto un grande regalo per la cittadinanza intera, l’aver creato un polo di attrazione inedito e innovativo è il valore aggiunto che l’opera di Cavalli ha reso a Cervia e ai suoi abitanti. La percezione che qualcosa di nuovo e mai visto sia stato creato è tangibile, tanto agli occhi quanto al cuore di chi, abitante o meno di questo delizioso paesino a due passi dal mare, si trovi a trascorrere del tempo seduto a un tavolo di Darsena del Sale. L’atmosfera in cui subito si è avvolti, l’allure di spazi immensi definiti dalla luce che si riverbera nell’acqua, la perfetta acustica delle sale, la qualità del cibo offerto, sarebbero, da soli, già un indicatore sufficiente della straordinarietà della location in cui ci si trova. Ma l’x factor, il quid che subito svela l’arcano contenuto in questa antologia di sfumature, è lo sguardo fiero e traboccante di entusiasmo di tutti coloro i quali sono la Darsena del Sale: chef, camerieri, addetti alle pulizie, massaggiatori, bartender, sommelier. Di tutti coloro, cioè, che alla Darsena lavorano, da prima che fosse ciò che ora è, o da che il grande progetto ha preso forma. Risplendono tutti della consapevolezza di far parte di una grande famiglia che ha operato un miracolo. Un bellissimo miracolo. 

Nasce lo showroom virtuale dedicato alla tua casa

Nasce lo showroom virtuale dedicato alla tua casa

Cosa ne pensate di scegliere l’interno della vostra casa dal vostro telefono o PC? Elica lancia lo Showroom Virtuale per un’esperienza multisensoriale ed immersiva

Oggi, virtuale è reale, anche se si tratta di scegliere i prodotti per la tua casa. Elica, leader nella produzione di cappe da cucina e piani aspiranti ha lanciato la sua Virtual Showroom. Si tratta di un vero e proprio percorso multisensoriale che accompagna le scelte d’acquisto e affianca i consumatori nella scoperta di cosa si cela dietro il prodotto e quale idea creativa lo ha ispirato. È stato infatti creato uno spazio virtuale, visitabile dal proprio computer, smartphone o tablet, con un’estensione di circa 350 m² divisa in 6 stanze, nel quale i visitatori entrano in contatto con più di 25 prodotti delle collezioni Elica tra le quali figurano: la gamma di piani cottura con aspirazione integrata NikolaTesla e le cappe a soffitto, sospese e a parete.

Ogni ambiente è studiato nel minimo dettaglio, riproducendo le peculiarità di un’abitazione contemporanea così da consentire di osservare cappe e piani aspiranti da diverse angolazioni. Ogni prodotto è arricchito da contenuti multimediali e di approfondimento come i video dell’idea creativa direttamente raccontata dalla voce del Design Center Director Fabrizio Crisà, i video dei plus di prodotto e la scheda che raccoglie le caratteristiche tecniche.

L’user Experience offerta dalle stanze tematiche Elica permette di visualizzare gli ultimi modelli top di gamma e i prodotti di punta disponibili sul mercato, calandosi in un mondo di ambientazioni premium in cui l’alta tecnologia e l’iconico design regnano sovrani. Sviluppato anche per altri mercati europei – tra cui Germania, Francia, Belgio e Spagna – il Virtual Showroom è un luogo reale che permette ai clienti di scegliere il prodotto più adatto alle proprie esigenze comodamente da casa.

Visita il sito: https://www.elica.com/IT-en/virtual-showroom

Come nasce una grande bottiglia

Come nasce una grande bottiglia

Una giornata in Umbria, in compagnia dell’enologo di una tenuta «d’artista», dove capiamo che per fare la differenza tra un vino buono e uno no bisogna saper immaginare il futuro

Perché ci sono vini che costano più di altri? E perché alcuni sono messi in vendita a pochi mesi dalla vendemmia, mentre molti rimangono nelle botti per anni? L’ho chiesto a Luca Capaldini, responsabile di cantina e di campagna della Tenuta di Castelbuono, l’azienda umbra che la famiglia Lunelli ha acquistato nel 2001. In risposta, ho ricevuto un invito al Carapace, la cantina-scultura realizzata da Arnaldo Pomodoro.

Lo raggiungo in una calda giornata autunnale e rimango a bocca aperta davanti alle vigne di sagrantino, che in questo periodo dell’anno cominciano a tingersi di rosso. «Qui produciamo quattro vini, il Montefalco Rosso Ziggurat, il Montefalco Rosso Riserva Lampante, il Montefalco Sagrantino Passito e il Montefalco Sagrantino Carapace, il vino più importante, simbolo dell’Umbria vinicola», esordisce Luca. «Il lavoro comincia in campagna, dove gestiamo i vigneti in regime biologico e dove durante la vendemmia avviene una prima selezione dei grappoli; facciamo una seconda cernita, su appositi tavoli, anche in cantina, così da essere sicuri di pigiare solo uva perfettamente sana e con il grado di maturità desiderata e, infine, una terza selezione con una macchina che è in grado di individuare e di eliminare singoli acini rovinati, eventualmente sfuggiti ai precedenti controlli». Le uve per il Sagrantino crescono in due vigneti, uno a Bevagna, intorno all’azienda, e uno a Montefalco; gli appezzamenti hanno caratteristiche diverse per suoli ed esposizione e, dunque, anche periodi diversi di maturazione dei frutti. «Questo ci permette di avere un vino con maggiore complessità, visto che le uve apportano differenti sfumature di aromi e di sapore, e sempre di qualità, anche in annate difficili dal punto di vista climatico», sottolinea Capaldini. Dopo la selezione e la diraspatura (la separazione degli acini dal graspo) tutto è pronto per la pigiatura.

Foto di Jacopo Salvi

Niente fretta

Seguo Luca lungo una scala elicoidale che ci porta nel cuore produttivo del Carapace (la struttura esterna sembra davvero il guscio di una gigantesca testuggine), dove si alternano piccole botti di legno, tini troncoconici, qualche recipiente in terracotta e molti serbatoi di acciaio. E qui scopro che la ricetta per fare un grande vino non prevede soltanto grappoli di qualità eccellente. «Pigiando le uve si ottiene il mosto, che viene lasciato a contatto con le bucce per circa venti giorni, in modo che queste possano cedere le sostanze coloranti e alcune sensazioni gustative; per questa operazione utilizziamo recipienti di differenti materiali, come l’acciaio, il legno e la terracotta, che danno al vino caratteristiche diverse», sottolinea Capaldini. «L’acciaio ne preserva la freschezza, il legno ne favorisce l’ossigenazione e rilascia alcuni sentori, come le anfore, che ampliano il bouquet aromatico con profumi di spezie e di argilla». Terminato il processo della vinificazione, comincia quello dell’affinamento. Il disciplinare di produzione del Sagrantino di Montefalco prevede un invecchiamento in botti di almeno dodici mesi, «ma noi lo lasciamo per circa due anni, in contenitori di diversa capacità e realizzati con legni diversi. Abbiamo tonneaux da 500 litri, fatti con il rovere delle foreste francesi di Allier, e botti da 30 ettolitri, realizzate in Austria e in Italia; anche in questo caso i diversi legni e le differenti capacità delle botti concorrono a creare una maggiore complessità finale. «L’uva sagrantino è generosa e dà vini potenti, capaci di evolversi per molti anni, ma che hanno bisogno di tempo per ingentilirsi: una lunga sosta nelle botti di legno è fondamentale per fare un grande vino, non bisogna avere fretta», dice Luca.

Al punto cruciale

Come quando un cuoco crea un nuovo piatto, mescolando i sapori, bilanciando il salato con il dolce, aggiungendo un tocco di amaro o di acidità rinfrescante, così l’enologo assaggia il contenuto dalle tante botti e recipienti che ha a disposizione e decide come realizzare il «taglio finale» del vino che andrà poi in bottiglia. «È il momento più creativo del mio lavoro», spiega Luca mentre ci sediamo a un tavolo ingombro di bottigliette, misurini, pipette e fogli per gli appunti. «Non devi solo pensare alla piacevolezza immediata», mi avverte. «Per creare un grande vino bisogna essere capaci di guardare al futuro, occorre sapere che alcune asperità che si avvertono oggi, spariranno dopo che il vino avrà riposato ancora in bottiglia». Osservo l’enologo al lavoro, apro anch’io qualche bottiglia, prima annuso e poi assaggio il contenuto; prelevo piccoli campioni qua e là e li mescolo; assaggio di nuovo, annoto su un foglio quanti centilitri ho usato di ciascuna bottiglia e le sensazioni che mi vengono in mente. «Dopo che abbiamo scelto il nostro taglio finale, si scende in cantina, si applicano le proporzioni annotate a tutta la massa del vino e infine si imbottiglia». Sarà il tempo a concludere il lavoro.

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