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Gabriele d’Annunzio: il menù al Vittoriale in 4 ricette

La Cucina Italiana

Dai documenti sappiamo che il gran dandy poeta aveva dei gusti molto precisi: in cucina aveva messo «un’arpa cuciniera», cioè un telaio per la pasta alla chitarra, a ricordare la sua predilezione per le bontà abruzzesi. Gli piacevano moltissimo le uova, al punto di dotare il Vittoriale di un pollaio ben fornito (arrivava a consumarne anche cinque o sei al giorno). Adorava le costolette di vitello sottili e croccanti con le patate altrettanto sottili e croccanti. Inneggiava letteralmente ai cannelloni di Suor Intingola, non sdegnava la selvaggina, il pesce, i molluschi e i frutti di mare, consumava molta frutta e sulla sua tavola venivano serviti risotti specialissimi, come quello alla Duse, con gamberetti e tartufi: sì, il cibo come preludio all’amore, tanto che la cucina doveva essere aperta ventiquattr’ore su ventiquattro, per permettere al Vate di rifocillarsi dopo le fatiche sotto le lenzuola. 

Gabriele aveva usi bizzarri, considerava mangiare in pubblico una cosa volgare, forse anche perché aveva il terrore del dentista e i suoi incisivi non erano presentabili, così preferiva consumare i suoi pasti in privato, in una stanza dove era presente il carapace di una tartaruga gigante, morta romanticamente per indigestione di tuberose: un saggio invito alla moderazione? 

Con tutte le sue contraddizioni, la cucina del Vittoriale è davvero speciale: pur radicata nel suo tempo e deliziosamente dannunziana, profumata di rose e di viole, peccaminosa e osée, ha avuto la capacità di anticipare mode attuali ancora oggi.

Menù al Vittoriale, come avrebbe gradito Gabriele d’Annunzio

Risotto con le rose

La rosa è, insieme con la viola, il fiore preferito di d’Annunzio: bellissima, profumata e simbolicamente riconducibile al sesso femminile. È presente nei decori, nelle stoffe, nei giardini, nell’arte del Vittoriale, e fin dentro il piatto, a sussurrare afrodisiache promesse. Foto di Riccardo Letteri

Ingredienti per 2 persone

160 g riso Arborio 
50g panna fresca 
50g burro 
3 boccioli di rosa edibile 
vino rosato 
Parmigiano Reggiano Dop 
acqua di rose – sale – pepe

Procedimento

Ricavate i petali di 2 boccioli di rosa e puliteli eliminando la parte bianca alla base, che è un po’ amara. Fatene appassire metà in una casseruola, con una noce di burro. Unite il riso e tostatelo per 1 minuto, quindi sfumate con 1/2 bicchiere di vino rosato. Salate e bagnate con un mestolo di acqua bollente, quindi portate il riso a cottura in 15-18 minuti, aggiungendo acqua bollente, poca per volta. A fine cottura, aggiungete i petali rimasti. Mantecate il risotto con 1 cucchiaiata di parmigiano grattugiato, la panna e il burro, 1 cucchiaio di acqua di rose. Servite il risotto guarnendolo con i petali del terzo bocciolo e completando con una spolverata di pepe.

Pernice fredda in gelatina

«Ahimè, le donne non ammettono che ci siano cose più buone delle loro parti più buone», scherza malizioso d’Annunzio, lodando la pernice fredda che tanto apprezza. Cacciagione delicata, citata dall’Artusi e da Escoffier, è perfetta per palati raffinati e goderecci. Foto di Riccardo Lettieri

Ingredienti per due persone

800 g o 2 pernici rosse 
120 g vino rosato 
40 g succo di melagrana 
20 g tartufo 
10 g gelatina alimentare in fogli 
2 melagrane 
uva rosa 
rosmarino, salvia, alloro 
olio extravergine di oliva 
burro, sale, pepe

Procedimento

Fiammeggiate le pernici per eliminare eventuali residui del piumaggio. 
Togliete la testa e l’estremità delle zampe, svuotatele dalle interiora e sciacquatele. 
Asciugatele e riempitele con 1 cucchiaio di chicchi di melagrana ciascuna. 
Legate le pernici con lo spago in modo da tenerle composte in cottura, spalmatele con un po’ di burro morbido, salatele e pepatele. 
Scaldate in una casseruola, che contenga giustamente le pernici, un filo di olio con un mazzetto di rosmarino, salvia e 1 foglia di alloro. 
Rosolatevi le pernici per 3 minuti, voltandole su tutti i lati, poi sfumatele con 40 g divino rosato. Bagnatele quindi con una miscela di 40 g di succo di melagrana e 80 g di vino rosato e 100 g di acqua
Portate a bollore, abbassate il fuoco, coprite con un coperchio e lasciate cuocere piano  piano per circa 1 ora.
Togliete le pernici dalla casseruola e fatele intiepidire. Separate le cosce e spellatele; staccate i petti, disossateli completamente ed eliminate la pelle. 
Mettete a bagno la gelatina in acqua fredda. Filtrate il fondo di cottura delle pernici, pesatene 200 g, aggiungendo un po’ di brodo vegetale nel caso non raggiungeste il peso. Scaldatelo in una casseruola e scioglietevi la gelatina, ammollata e strizzata. 
Lasciate raffreddare a temperatura ambiente, unite 1 cucchiaio di succo di melagrana e colate sui pezzi di pernice, accomodati in un piatto. 
Servite freddo, decorando con altra gelatina e chicchi di melagrana, acini di uva, fettine di tartufo e erbe a piacere.

Patatine fritte sottilissime

Ingredienti per 2 persone

300 g o 2 patate 
olio di arachide
sale

Procedimento

Lavate le patate, tagliatele a rondelle sottili senza sbucciarle, mettetele a bagno in una bacinella di acqua. 
Asciugatele bene e friggetele in olio di arachide ben caldo, poche per volta. 
Scolatele su carta da cucina e salatele.

Arance al liquore, croccante, zabaione

Due uova al giorno... e anche di più: lo zabaione, scriveva d’Annunzio, «raddrizza la schiena» dopo le fatiche dell’amore. Il croccante di mandorle riporta all’infanzia: pare che mammà, donna Luisa De Benedictis in Rapagnetta (vero cognome di D’Annunzio), ne confezionasse uno squisito. Foto di Riccardo Lettieri.

Ingredienti per 4 persone

2 arance
Marsala

Master of Wine Gabriele Gorelli: i suoi consigli vino

Master of Wine Gabriele Gorelli: i suoi consigli vino

Nessun connazionale aveva mai conquistato il titolo di Master of Wine. Ora è di Gabriele Gorelli: sarà il fiero ambasciatore dei nostri vini nel mondo

Abbiamo incontrato il Master of Wine Gabriele Gorelli, primo in assoluto a conseguire il titolo in Italia. Ci ha raccontato il suo percorso e alcuni consigli imperdibili sul vino.

Chi è Gabriele Gorelli?

Nato nel 1984 a Montalcino, Gabriele Gorelli si è accostato al vino anche grazie al nonno, che è stato il più piccolo produttore della zona. Nel 2004 ha fondato la Brookshaw&Gorelli, agenzia di design per la comunicazione del vino e, nel 2015, la KH Wines, società di consulenza per il marketing di vino all’estero. Avido viaggiatore, ricarica le batterie con il trail running e lo yoga.

Un’impresa per pochi

Il The Institute of Masters of Wine è la più autorevole organizzazione dedicata alla conoscenza e al commercio del vino. Solo 418 persone nel mondo si possono fregiare del titolo e prima di Gabriele Gorelli nessun italiano era riuscito nell’impresa. «Ho cominciato per incoscienza, con l’illusione di avere risorse illimitate e di poter riuscire, col dovuto impegno. Quando l’Istituto, nel 2014, ha tenuto il suo primo Simposio in Italia, ho superato la selezione con altri quattro italiani. Il percorso è stato molto duro, ti condiziona l’esistenza per anni, non importa se è domenica o Natale: ci si sveglia prestissimo e si studia. La prima volta che ho sostenuto l’esame dello stage 2 (4 giorni, 36 vini alla cieca e 13 saggi multidisciplinari) ho fallito la maggior parte delle prove, ma ho superato la delusione scoprendo la mattina stessa che era in arrivo il mio primo figlio! L’ultima volata verso il titolo, il progetto di ricerca, è stata particolarmente difficile. Mi è mancata quella sensazione di “essere nella stessa barca” che si condivide tra studenti prima di un esame. È stata una fase solitaria, a tratti logorante. Durante quei mesi, i più stressanti, anche la mia pasta madre si rifiutava di lievitare! Ma le emozioni che ho provato quando è arrivata da Londra la telefonata che confermava il titolo hanno cancellato le cicatrici di anni di sacrifici».

Da assaggiare almeno una volta

«Il Brunello di Montalcino 1985 di Mastrojanni, vino di altri tempi, ma al contempo di una modernità indescrivibile (50 euro l’annata corrente, mastrojanni.com); il Barolo Sorì Ginestra 2001 di Conterno Fantino, un monumento all’enologia italiana, che esprime maturità e potenza con innata delicatezza e grande equilibrio (82 euro l’annata corrente, conternofantino.it). Chiude la carrellata il Vecchio Samperi Quarantennale di Marco De Bartoli, un vino iconico, senza tempo, capace di stupire per complessità e raffinatezza (510 euro, marcodebartoli.com)».

Saranno Famosi (ma voi scopriteli ora)

«In Trentino c’è il Vin de la Neu 2018 di Nicola Biasi, un bianco dalla varietà Piwi johanniter (le uve resistenti alle malattie fungine) della Val di Non, che fermenta in barrique: ha l’ambizione di diventare un’icona (100 euro, vindelaneu.it). Arriva dalle Marche l’MG 60 di Marco Gozzi, un Metodo Classico frutto di una poliedrica cuvée di verdicchio e chardonnay (60 euro, mg09.it). In Puglia, consiglio i vini vivaci di L’Archetipo, un’azienda familiare che persegue un modello di sostenibilità sincera (larchetipo.it)».

Buon bere quotidiano

«In Veneto, dico il Valpolicella 2020 di Bertani, un’espressione energetica di un territorio che dà vini delicati con una caratterizzante nota salina (12 euro, bertani.net). Dall’Emilia-Romagna, il Lambrusco di Sorbara Leclisse 2019 di Paltrinieri è frizzante e vivo, di insospettabile profondità e purezza (11 euro, cantinapaltrinieri.it). In Toscana, il Flower Power 2019 di Podere 414, da uve sangiovese, è un approccio identitario e gastronomico al rosato (9 euro, podere414.it). Dall’Abruzzo, il Pecorino Castello di Semivicoli 2019 di Masciarelli è un bianco mediterraneo, brillante compromesso tra austerità e aromaticità (12 euro, masciarelli.it). In Sicilia, consiglio il Vittoria Frappato Bell’Assai 2019 di Donnafugata, un rosso agile e succoso, vibrante come la primavera (14 euro, donnafugata.it)».

Il lievito madre di Gabriele Bonci

Il lievito madre di Gabriele Bonci

Il procedimento del Pizza Hero per una pasta madre dura infallibile, da usare per i propri lievitati dolci e salati, per non temere più di non trovare il lievito di birra al supermercato

In tempi di quarantena e di spesa contingentata, ci siamo riscoperti tutti panificatori e il lievito è uno dei prodotti più introvabili, sia in panetti che secco. La soluzione? Il lievito madre, anche se, vi avvisiamo, non è una ricetta “pronti via”. Ci vuole pazienza e attenzione, perché il lievito è una cosa viva. Abbiamo chiesto al re della panificazione, il Pizza Hero Gabriele Bonci, di darci la sua ricetta del lievito madre. Si tratta della versione dura del lievito madre, perfetto sia per preparare lievitati dolci sia salati, dalle colombe ai panettoni, dalla pizza al pane, passando per croissant e brioche. Più che una ricetta, per la verità, è un procedimento. Seguitelo e avrete risolto per sempre il problema della carenza di lievito al supermercato.

Starter

Ingredienti

50 g uva passa, 50 g farina 0, 120 g acqua, 100 g manitoba.

Il primissimo passaggio è preparare il cosiddetto starter, ovvero un’esca o una partenza per dar vita al lievito madre. Si comincia prendendo l’uva passa e sciacquandola più volte in acqua tiepida per lavarla dalle eventuali impurità. Una volta fatta questa operazione, ponete la ciotola con i 120 g di acqua della ricetta e frullate tutto con un minipimer, in maniera non troppo omogenea. Una volta fatta questa operazione si possono aggiungere le farine e mescolare dentro la ciotola con movimenti circolari aiutandoci con una spatola. Non occorre lavorarlo troppo, è sufficiente che tutti gli ingredienti siano ben amalgamati e che risulti un composto morbido e colloso. Il risultato va trasferito quindi in un barattolo capiente, dove possa crescere anche di 5-6 volte. Si lascia il barattolo chiuso con una garza umida legata come tappo, legata con un elastico, per 48 h a temperatura ambiente.

1° Rinfresco

Ingredienti

100 g farina manitoba, 50 g farina 0, 75 g acqua.

Passate le 48 ore, prendiamo una cucchiaiata abbondante dello starter che abbiamo preparato e che sarà cresciuto di 5-6 volte. È opportuno scartare la testa del composto, che ha preso più aria, privilegiandone il cuore. Mettiamo quindi una porzione di starter in una ciotola con le farine prima e l’acqua poi. Mescoliamo con un semplice cucchiaio, facendo ruotare il dorso del cucchiaio sulla ciotola, in modo da pulire il bordo della stessa. Solo una volta che tutti gli ingredienti si sono incorporati ci spostiamo sul piano di lavoro per andare a lavorare a mano il nostro composto. Alterniamo più volte una lavorazione a mano, facendo delle piccole pieghe, alla lavorazione nella ciotola con il cucchiaio. Questo serve a dare maggior ossidazione all’impasto e renderlo più duro. Non c’è tuttavia bisogno di aggiungere altra farina, neanche quando lo lavoriamo sul piano. Quando vediamo che è diventata una pallina liscia è pronto e possiamo lasciarlo a riposare. Servirà un barattolo di quelli con la guarnizione, a cui va tolta la guarnizione, in modo che ci sia ricambio di ossigeno.

Rinfreschi successivi

Con gli stessi ingredienti e lo stesso procedimento del precedente rinfresco, il lievito così preparato va rinfrescato ogni 48 h, scartando sempre la punta e utilizzando il cuore dell’impasto. Nel tempo aumenterà la massa e sarà necessario anche cambiare barattolo, utilizzandone uno più capiente volta per volta. Il lievito madre sarà pronto dopo 31 giorni di riposo.

Penultimo rinfresco

L’ultimo rinfresco ha un procedimento differente dai precedenti, anche se gli ingredienti sono sempre gli stessi. Si comincia a lavorare sempre nella ciotola, ma si sposta tutto velocemente sul piano di lavoro, lavorando con la tecnica delle pieghe: ovvero l’impasto va piegato su sé stesso ripetutamente, girato sul lato della chiusura e rifatta l’operazione più volte. Dopo le prime pieghe, quando tutti gli ingredienti sono incorporati e la massa non è ancora liscia, si può cominciare a lavorare con il mattarello, spolverando solo leggermente l’impasto con la farina. Con il mattarello si fa un solco centrale, si schiaccia quindi l’impasto e si stende un po’ per procedere a fare altre pieghe. Si gira più volte, rifacendo lo stesso passaggio. Quando inizia a diventare duro, come si dice in gergo inizia a incordare, si fa l’ultimo passaggio: si stende l’impasto come una lunga lingua, il più sottile possibile, quindi si piega in tre dal lato corto e si chiude facendo un rotolo, finendo con un profondo taglio a croce, fatto con un coltello a lama liscia. Si lascia a riposare quindi in una ciotola coperta con un canovaccio, che va chiuso sul lievito, ma in maniera non ermetica. Aspettiamo tre ore e dopo 3 ore lo mettiamo nel frigorifero. Quando ha più che raddoppiato il suo volume il lievito sarà pronto.

Bagnetto e ultimo rinfresco

Prima di essere lavorato c’è ancora un passaggio da fare, perché è d’obbligo fargli un bagnetto. Tagliatelo pure con un coltello e apprezzatene l’alveolatura. Togliete la pelle esterna, che è più coriacea perché sono le parti ossidate, e prendetene il cuore. Il bagnetto va fatto in una ciotola con acqua tiepida e zucchero, che va lasciato sul fondo della ciotola, senza farlo sciogliere. Quindi si mette il lievito madre, tagliato a grossi cubi, pressato e ripiegato in modo da togliere il gas all’interno e va lasciato nella soluzione di acqua e zucchero per 20 minuti. Una volta fatta questa operazione il lievito va strizzato con le mani e rinfrescato nuovamente con le stesse grammature degli altri rinfreschi. Si lavora sempre a partire dalla ciotola, facendo incorporare tutti gli ingredienti prima di spostarci sul piano di lavoro e ripartire con le pieghe e con il mattarello come nel passaggio precedente. Quando l’impasto sarà diventato tenace, si stende una lingua di pasta con il matterello, da dividere in due parti. Una sarà utilizzabile per le proprie preparazioni dopo aver fatto una croce con il coltello e averla lasciata a riposare per tre ore a temperatura ambiente. L’altra sarà pronta per essere conservata in frigorifero, sempre dopo tre ore di attesa, e sarà la madre per le volte successive.

Gestione

Un buon lievito madre deve essere rigenerato almeno ogni 48 h perché sia sempre in salute. Ancor meglio sarebbe rinfrescarlo ogni giorno per avere sempre un lievito sempre perfetto. Quando lo si vuole utilizzare per le proprie preparazioni bisogna sempre fare come nell’ultimo passaggio, ovvero una volta rinfrescato va diviso in due l’impasto: una parte va in frigo per le volte successive e una parte per 3 ore a temperatura ambiente prima di utilizzarlo. Sarebbe ideale anche farlo tutti i giorni. È pure importante che rimanga in frigo, sempre conservato nella ciotola coperto dal canovaccio, ma mai chiuso ermeticamente.

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