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Ricetta Frico, la ricetta friulana

Ricetta Frico, la ricetta friulana
  • 300 g Montasio Dop 4-6 mesi
  • 100 g Montasio Dop 12 mesi
  • 50 g Montasio Dop 18 mesi
  • 1 spicchio di aglio
  • 1 cipolla
  • burro
  • pepe

Per la ricetta del frico grattugiate i formaggi con una grattugia a fori grossi, tenendoli separati.
Sciogliete a fuoco dolce in una padella antiaderente la metà del montasio 4-6 mesi, incorporando a mano a mano anche il montasio 12 mesi.
Sciogliete in un’altra padella l’altra metà del montasio 4-6 mesi, incorporando a mano a mano il montasio 18 mesi e cuocendo finché non si sarà formata una crosticina nella parte sottostante.
Affettate la cipolla molto finemente e rosolatela a fiamma dolce in una padella con una noce di burro, 1 spicchio di aglio in camicia e 2-3 grani di pepe, per circa 5 minuti.
Cospargete con la cipolla uno dei due dischi di formaggio e richiudete con l’altro disco, tenendo la crosticina rivolta verso l’alto; proseguite la cottura per altri 1-2 minuti. Servite il frico ben caldo.

Le pere (e le mele) della Bassa Friulana

Le pere (e le mele) della Bassa Friulana

La storia di una famiglia di pionieri: i Geremia, che credendo moltissimo in quello che facevano, hanno trasformato la Bassa Friulana in terra di pere e mele

Lo sapevate che nella Bassa Friulana, in particolare nel Latisanese, si producono pere? E nel tempo si è aggiunta anche una produzione di mele. Ma se questo è stato possibile è grazie alla famiglia Geremia, che dopo numerosi studi sui propri terreni, è stata lungimirante e ha intrapreso per prima queste coltivazioni, seguita poi da molti altri. «Noi ci abbiamo creduto veramente». E così facendo sono riusciti a trasformare questo territorio in una piccola oasi di frutti, raccolti e lavorati a mano uno per uno direttamente da loro.

Le pere

È iniziato tutto con Davide Geremia, figlio di Antonio. Famiglia di mezzadri da generazioni, nelle loro terre avevano sempre coltivato ortaggi come asparagi, patate, radicchio, più che altro per conto terzi. Ma pere e mele mai: a Latisana non si erano praticamente mai viste. Finché negli anni Novanta la geniale intuizione di Davide: fare delle analisi del terreno per capire quale poteva essere il tipo di coltivazione più adatta, quella che permettesse di usare anche meno fitofarmaci. E così il verdetto: il latinese, cioè la zona che va da Latisana alla costa di Lignano, risulta essere vocata alla frutticoltura, in particolare di pere, avendo in sé la giusta acidità di cui questi frutti hanno bisogno. Nel 1991 i Geremia piantano i loro primi peri su 10 ettari: Abate, Conference, William Bianco e Rosso, a cui nel tempo si aggiungono anche altre varietà quali Carmen (perfette per il succo!) e Santa Maria. E pensate che hanno investito tutto su un frutto come la pera, che non ha mai avuto e continua a non avere lo stesso successo della mela, se non all’estero, dove in particolare quella italiana è leggermente più ricercata. Dopo averle raccolte nel periodo che va da luglio a settembre, vengono lavate, selezionate e controllate una per una manualmente; poi la maggior parte viene spedita in poche ore a una Cooperativa in Emilia Romagna (la maggiore produttrice di questi frutti in Italia) che si occupa della commercializzazione. Solo una piccola percentuale, in particolare delle pere più piccole, ritenute meno interessanti sul mercato, vengono lavorate artigianalmente nel loro laboratorio, dove producono marmellate e succhi di pera al 100%, senza zucchero o addititivi chimici. Assolutamente consigliata la degustazione nel loro delizioso negozietto!

Le mele

Negli anni l’azienda è passata nelle mani dei figli: Marco, ingegnere aerospaziale, Michela, oggi colonna portante, e suo marito Andrea Businaro. Per anni lei è stata impiegata, poi ha deciso di continuare l’attività di famiglia anche nella speranza di passare più tempo con i figli Antonio e Ines. «Alla fine, ovviamente, lavoro di più, ma almeno sto a casa con a loro, che vivono e respirano l’aria dell’azienda». Nel 2008, con l’idea di diversificare la produzione, decidono di fare una seconda analisi del terreno, che questa volta risulta idoneo anche per le mele. Nel giro di poco i loro appezzamenti si riempiono di Golden, Pink, Fuji e soprattutto Modì che, come ci spiega Michela, «è una mela sottovalutata, molto succosa e fibrosa, ideale sia da tavola che per le torte, ma mai pubblicizzata a dovere». Il successo è incredibile: altre aziende nella zona iniziano a seguire le loro orme e il Latisanese viene sempre più identificato con la produzione di questi frutti. Ma ricordiamo che questo non sarebbe stato possibile se non fosse stato per questa famiglia, che proprio negli anni in cui il mercato, in particolare della frutta, guardava all’estero, hanno puntato tutto e non senza difficoltà, su un prodotto al 100% italiano. Anche in questo caso, dopo la raccolta che avviene da luglio a dicembre a seconda di clima e varietà, mandano gran parte delle mele in Emilia Romagna, affiancando una piccola produzione di succhi e marmellate e dal 2012 anche di mele essiccate direttamente da loro. In alternativa, se volete provarle fresche, proprio a due passi dall’azienda, c’è Alessandro Businaro, fratello di Andrea, chef di uno dei ristoranti migliori della regione: Da Boschet, dove oltre alle sue varie specialità a base di pesce fresco rigorosamente locale (di certo in zona non manca!), prepara anche piatti con i frutti coltivati dal fratello, soprattutto nella piccola pasticceria. Ma solo quando disponibili, perché su questo tutta la famiglia è d’accordo: «Dobbiamo imparare a seguire la stagionalità e le disponibilità, a mangiare i frutti quando ci sono e a farne a meno quando non è periodo». Eppure, chi lavora in campagna lo sa bene: è poco quel che si può veramente prevedere, come ci insegna quanto accaduto lo scorso anno.

La cimice marmorata asiatica

Si è parlato tanto della mosca dell’olivo, mentre invece molto meno della cimice che ha attaccato e distrutto la produzione di mele e pere. Si tratta di un parassita di origine asiatica, la marmorata, che ha deformato i frutti, causando una necrosi al loro interno e rendendone così impossibile il consumo. Questa tragedia ha toccato anche altre zone d’Italia, ma il Friuli è stato in assoluto la regione più colpita: pensate che l’anno scorso per i Geremia, la perdita è stata pressoché totale, quasi del 100%, su una produzione annuale di circa 2500-3000 quintali. Quest’anno il problema è stato solo in parte risolto: ancora moltissime pere e mele sono state intaccate dalla marmorata e continuano gli studi per cercare di capire come risolvere definitamente la questione. «Ma andiamo avanti, perché crediamo tantissimo in quello che facciamo». Infatti continuano a utilizzare un sistema di lotta integrata, cioè a debellare altri insetti nocivi nei loro frutteti con un insediamento mirato dei loro naturali nemici, riducendo così al minimo l’uso di sostanze chimiche. Perché i Geremia sono una squadra, sono una di quelle famiglie bellissime da conoscere, che dedica l’intera vita a fare qualcosa di buono, tanto a tavola quanto per il terreno, e che per questo dobbiamo ringraziare.

La ricetta friulana Brovada e muset

La ricetta friulana Brovada e muset

È un piatto che rappresenta la storia dell’enogastronomia friulana. Origini molto antiche e sapore deciso. Una ricetta della tradizione per il vostro menu di Natale

Se ne parlava già nell’antico ricettario di Apicio. Da qualche anno è un prodotto tutelato da marchio DOP: è la “bruade”, nel dialetto friulano, la rapa bianca dal colletto viola. E a Natale si gusta con il “muset”, un insaccato simile al cotechino.

Rapa e vinaccia, come nasce la brovada

E se a Natale quest’anno proporreste ai vostri ospiti un piatto tipico a base di squisite radici? Sì, stiamo parlando delle rape bianche dal colletto viola che, attraverso un antico e tradizionale lavoro di fermentazione nella vinaccia, sono un tesoro dell’enogastronomia friulana. Ecco come nasce la brovada: le rape, dopo esser state raccolte, vengono private delle foglie esterne e poste in dei tini. Si ricoprono con la vinaccia di uva nera, un po’ di sale, acqua mista a vino o aceto. Quindi si lasciano fermentare dai 40 ai 60 giorni e assumono il caratteristico colore rosato. Il sapore è meno pungente della rapa fresca e l’aroma naturalmente è di vinaccia. Dopo averle lavorate vengono lavate, grattugiate e confezionate in buste. La brovada nasce dall’antica esigenza di conservare le rape per l’inverno. Il piatto tipico, immancabile nel periodo natalizio sulle tavole friulane, è la Brovada e muset (o musetto, che è un insaccato tipico, simile al cotechino). La tradizione esige l’uso della brovada DOP. La si usa sia per accompagnare le carni ma anche come ingrediente per zuppe o piatti unici a base di verdure.

La ricetta: Brovada e muset

Ingredienti

500 grammi di rape fermentate
2 musetti – cotechini del Friuli
3 spicchi di aglio
4 foglie di alloro
Brodo vegetale
Olio extravergine d’oliva
Sale
Pepe

Procedimento

Portate a bollore nell’acqua fredda i musetti. Abbassate la fiamma lasciando sobbollire per 90 minuti. In un tegame soffriggere l’aglio e le foglie di alloro. Versate la brovada con un po’ di brodo vegetale e mettete il coperchio per 90 minuti. Aggiungete sale, pepe e un pizzico di farina bianca per addensare. Unite i musetti alla brovada e lasciate cuocere per 30 minuti. Servite caldo.

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