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Bao buns – Ricetta di Misya

Bao buns - Ricetta di Misya

Preparate l’impasto: mettete in una ciotola farina, lievito e zucchero e mescolate, quindi unite prima l’acqua e poi sale e olio, lavorando fino ad ottenere un impasto morbido ed elastico, che si stacca dalle pareti.

Ungete il piano di lavoro con poco olio, trasferiteci l’impasto, lavoratelo fino ad ottenere una palla, quindi rimettetelo nella ciotola dopo averla unta di olio.

Coprite con pellicola trasparente e lasciate lievitare per 2 ore o finché il volume non sarà raddoppiato.
Riprendete l’impasto e dividetelo in 10 palline uguali, coprite nuovamente con pellicola e lasciate riposare per 30 minuti.

Prendete una pallina per volta, stendetela in una sfoglia circolare con un matterello, copritene metà con un pezzetto di carta forno e richiudete l’impasto a mezzaluna.
Lasciate riposare du una teglia rivestita di carta forno per almeno 1 ora.

Foderate i cestelli di una vaporiera con carta forno e bucherellatela.

Trasferite i paninetti nei cestelli, impilate i cestelli sopra una pentola con acqua in ebollizione, chiudete con coperchio e cuocete per circa 15 minuti

A fine cottura eliminate delicatamente la carta forno e lasciateli raffreddare.

I bao buns sono pronti, non vi resta che decidere come farcirli.


La leggenda dello Spritz e la ricetta di Roberto Pellegrini | La Cucina Italiana

La leggenda dello Spritz e la ricetta di Roberto Pellegrini
| La Cucina Italiana

Ogni bella storia ha una leggenda. La leggenda dello Spritz, che fa risalire la nascita del cocktail alla dominazione austriaca nel lombardo-veneto tra fine Settecento e inizio Ottocento, è tra queste. Ma è, appunto, solo una leggenda dello Spritz, sottolinea Roberto Pellegrini, fra i massimi esperti italiani del cocktail Iba. «Ci può anche stare che gli austriaci allungassero con l’acqua i vini per renderli più leggeri, ma la storia dello Spritz è molto più veneta e molto più recente. Comincia con l’ombra di vino che i nonni veneti bevevano nelle osterie accompagnandola con i cicheti», dice.

Una vita da bartender passata a Venezia tra il Caffè Florian, l’Hotel Danieli e il Gritti Palace dove ha servito da bere a personaggi come Carolina di Monaco, Marta Marzotto e Bono Vox, Roberto Pellegrini (che, per inciso, è anche il papà della Divina Federica) ha raccontato la genesi dello Spritz al Flores Cocteles del Portenho Prohibido, cocktail bar milanese che ha deciso di dedicare quasi tutta la sua cocktail list ai “classici”.

Dall’ombra di vino all’alba dello Spritz

«Fare il giro delle osterie era il modo di stare insieme per i nonni veneti che, una volta in pensione, si ritrovavano per chiacchierare. In ognuna delle osterie bevevano un’ombra di vino e chi rimaneva ultimo pagava da bere a tutti», racconta Pellegrini. L’ombra di vino equivale a 100 cl e, considerato che il giro osterie non si fermava prima di aver ingurgitato 6 o 7 ombre, al ritorno a casa l’alito alcolico tradiva subito gli sfortunati che dovevano fare i conti con l’ira delle mogli.

«Il primo passo dal vino allo Spritz è l’aggiunta di un pezzetto di limone che serviva a mascherare l’odore dell’alcol. Il secondo, considerando che il vino delle osterie non era certo di prima qualità, fu aggiungere al vino qualcosa che ne cambiasse il gusto. La scelta quasi obbligata in un paese di liquoristi come l’Italia cadde sul Cynar e il Rabarbaro Zucca. Le proporzioni, poi, cominciarono via via a cambiare per alleggerire il carico alcolico del bicchiere», continua il bartender, oggi formatore professionale.

La rivoluzione del ghiaccio e dell’Aperol

I “colpevoli” della trasformazione dell’ombra di vino macchiata in Spritz sono due: il ghiaccio e l’Aperol. «Negli anni Sessanta l’azienda che produceva l’Aperol (che nel 1920 era un tonico per tirarsi su usato anche per combattere l’influenza) stava per fallire e fu acquisita da “mamma” Campari che portò l’Aperol a un altro livello», ricorda l’esperto.

Generazione Z e Millennial a confronto: cosa bevono i giovani?

La Cucina Italiana

Due generazioni di giovani e giovanissimi a confronto: i Millennial, nati tra il 1981 e il 1996, e la Generazione Z, la prima generazione nativa digitale che comprende chi è nato tra il 1997 e il 2012.
Nonostante le differenza tra queste due generazioni, una cosa è certa: amano e sono fieri della propria italianità.
Lo rivelano le ultime ricerche condotte e presentate a Milano, volte a scoprire i nuovi trend di consumo.

I giovani e il mondo del vino: cosa preferiscono?

I giovani d’oggi sono attenti al territorio, ripongono fiducia nei consigli degli esperti e preferiscono ricercare il vino di qualità.

Lo conferma la ricerca di SWG commissionata da Carrefour Italia, presentata durante la Milano Wine Week 2022. Un’indagine volta a scoprire soprattutto le scelte di acquisto e consumo del vino delle diverse generazioni di italiani, con un focus sui Millennial e la Gen Z.

Un target sempre più consapevole che vuole conoscere meglio il mondo del vino, spesso percepito come esclusivo ed elitario. 

Cosa preferiscono bere i giovani?

Questa indagine rivela anche che i giovani apprezzano particolarmente il vino, che non ha rivali per i Millennial (88%) e che, tra gli alcolici, è secondo soltanto alla birra per la Gen Z (60%).

Il vino mantiene anche tra i giovanissimi il suo prestigio, confermandosi molto più di una semplice bevanda: oltre l’80% di Millennial e Generazione Z lo reputa un’eccellenza italiana e l’87% sottolinea come racchiuda in sé storia, cultura e tradizione. Questo fa sì che, quando si parla di vino, ben il 60% della Gen Z e il 67% dei Millennial siano più interessati a un consumo con consapevolezza. 

Dove comprano il vino i giovani?

Se la maggior parte dei giovani sceglie il supermercato, il 37% della Gen Z e il 53% dei Millennial acquistano direttamente dai produttori vinicoli
Ma a stupire maggiormente è la tendenza di acquisto della Gen Z, considerato che stiamo parlando dei cosiddetti “nativi digitali”, è il dato relativo all’online: solo il 18%, infatti, acquista vino online.

Come si sceglie un buon vino?

Determinante, nelle abitudini di acquisto, è la presenza di un esperto che sappia raccontare le caratteristiche dei diversi vini e consigliare la bottiglia più adatta alle proprie esigenze. Un servizio che il 73% dei giovani cerca e non trova nei supermercati, dove viene riscontrato anche la carenza di vini prodotti da aziende artigianali e piccoli produttori (51%) e di vini tipici a km 0 (50%). 

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