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Che vino usare per il vin brulé? I nostri “caldi” consigli

La Cucina Italiana

Il freddo si fa più pungente, è ora di riscaldarsi con qualcosa di caldo, come il vin brulé. Prepararlo è semplice, ma che vino usare per il vin brulé? Usanza diffusa in tutta l’Europa continentale, viene preparato con vino, spezie ed erbe aromatiche che seguono prevalentemente le ricette tradizionali del luogo in cui ci si trova ad assaporarlo. Se qualcuno però volesse prepararselo in maniera autonoma quali prescrizioni deve seguire la per la selezione dell’ingrediente più importante? Insomma, quale vino è più adatto?

Che vino usare per il vin brulé? C’è una sola regola

Il risultato finale, per quello che concerne la qualità complessiva del prodotto, dipende necessariamente dal vino che scegliete. Ma quindi qual è il vino migliore per il vin brulé? Lasciate pure sullo scaffale le proposte più economiche di vini da tavola in brick, optate invece per etichette del vostro territorio di origine o tipiche del luogo in cui vi trovate al momento. Tenete a mente che il vin brulé deve profumare, sedurre chi degusta e invitare al sorso con il suo vapore: privilegiate vini morbidi, ricchi di aromi e di struttura, possibilmente con un buon residuo zuccherino se preferite un gusto più abboccato. La regola, forse l’avete già capito, è molto semplice: per avere un buon risultato, dovete partire da una buona materia prima! Quindi, non risparmiate sul prodotto che si mostrerà decisivo nel vostro vin brulé.

I vini consigliati

Se siete in centro Italia, o in Romagna, il vino migliore per il vin brulé è il Sangiovese, da preferire per il suo carattere deciso, mentre l’Emilia terra del Lambrusco saprà donarvi profumi molto suadenti: da preferire sono le varietà Grasparossa, Salamino e Maestri per la loro carica di colore. In Veneto, invece, si cambia colore e la tradizione vede l’impiego prevalente di vini bianchi come gli internazionali Sauvignon Blanc e Chardonnay (sul fronte rossi, volendo, si può anche usare il Cabernet Sauvignon). Queste varietà non mancano in Alto Adige, ma le popolazioni locali apprezzano maggiormente il Pinot Nero e la Schiava che, presso chi parla la lingua tedesca, è nota con il nome di Vernatsch. Nelle Langhe, chi è particolarmente esigente, non esita a utilizzare il Barolo come base per il proprio vin brulé: se avete a disposizione un altro budget, potete sempre affidarvi a un ottimo Nebbiolo o a una rubescente Barbera.

Ricetta Baccalà alla vicentina su crostini caldi

Stiamo raccogliendo le vostre testimonianze per creare una «banca nazionale» delle ricette di casa. Cominciamo qui con la storia di una famiglia di matematici e letterati, e di una tata speciale, «la Ada», che accudiva tutti come una mamma

  • 800 g baccalà già ammollato
  • 2 acciughe dissalate
  • 1/2 cipolla
  • prezzemolo
  • olio extravergine di oliva

Per la ricetta del baccalà alla vicentina della tata Ada, tagliate a pezzetti il baccalà e scottatelo in acqua per 2 minuti dal bollore. Scolatelo, fatelo intiepidire e sfaldatelo eliminando lische e pelle.
Affettate finemente la cipolla, stufatela in 40 g di olio, fatevi fondere le acciughe; aggiungete il baccalà e il latte e cuocete coperto, a fuoco basso, per 30 minuti circa.
Fate intiepidire, quindi unite al composto 2 cucchiai di olio e montate fino a quando otterrete una consistenza leggermente spumosa. Unite il trito di prezzemolo e servite a piacere su crostini caldi.
Per la versione originale preparate il soffritto con un’intera cipolla e il prezzemolo, come si usava una volta; fa cuocere il baccalà per 3 ore e lo serve con polenta abbrustolita.

Ricetta: la Ada, Testi: Sara Tieni; Foto: Giacomo Bretzel, Styling: Charlotte Mello Teggia

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