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15 bistrot (vecchi e nuovi) dove si mangia bene | La Cucina Italiana

15 bistrot (vecchi e nuovi) dove si mangia bene
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C’era una volta il “secondo locale” di uno chef stellato: il bistrot. Per la cronaca, la primogenitura del bistrot a fianco del ristorante – con la cucina in mezzo alle due strutture – appartiene a Claudio Sadler, che nel 2008 inaugurò Chic ‘n Quick, sul Naviglio Pavese, e che a oltre 10 anni di distanza fa ancora il pieno di clienti a pranzo e a cena. E dire che all’epoca era praticamente impossibile immaginare che quello con più coperti e una cucina semplificata di un bravo cuoco diventasse importante quanto il primo. Sbagliato. Con il passare degli anni, il concetto si è modificato e ha trovato la massima espressione proprio a Milano, dove la bistromania è diventata tendenza. Aiutata in questo dallo sviluppo dell’hotellerie negli anni dell’Expo: le strutture serie hanno un fine dining e un casual dining che sostanzialmente è un bistrot legato al cocktail bar. I migliori bistrot hanno anche un riconoscimento ambito: le Tre Cocotte del Gambero Rosso.

Qual è il senso odierno e italiano del bistrot? Sicuramente non quello che continua a regnare Oltralpe. Se in Francia il modello è quello di un menù sempre uguale, porzioni abbondanti e un approccio informale quasi turistico, da noi il concetto è più articolato anche perché – altra tendenza – negli ultimi anni, a fianco del modello affermato, stanno spuntando locali giovani, dove la cucina è gestita da cuochi non stellati, ma abili nel dare al cliente quello che chiede. Cosa si mangia oggi al bistrot? Come detto, non c’è una filosofia unica come in Francia (per fortuna, a parer nostro). In quelli dei cuochi più noti si gode di una versione «semplificata» dei loro signature dish o quella autoriale dei classici, regionali o italiani: la costoletta, il vitello tonnato, gli spaghetti al pomodoro, il tiramisù… Ci sono posti essenziali dove anche salumi e formaggi hanno un ruolo fondamentale mentre altri giocano non poche carte sulla presenza di un valido cocktail bar. Altri, ancor,a non vanno oltre una rivisitazione della cucina locale, unendola a piatti basici, comuni all’Italia intera. Insomma, potremmo serenamente affermare che il bistrot è bello perchè è vario. Come la nostra selezione.

A cena da Carlo al Naviglio, il nuovo bistrot di Carlo Cracco

A cena da Carlo al Naviglio, il nuovo bistrot di Carlo Cracco

La prima cena fuori dopo mesi di lockdown dev’essere speciale. La nostra Laura Magnago della Scuola de La Cucina Italiana racconta la sua esperienza culinaria al nuovo bistrot di Chef Cracco, appena aperto a Milano.

Come amante della buona ristorazione, non vedevo l’ora di tornare ad andare fuori a cena. Pronta la lista delle nuove aperture da testare, ho provato una delle ultimissime sulla piazza milanese: Carlo al Naviglio.

Lo spazio è curato ma informale, perfetto per godere al meglio della stagione in totale tranquillità. Grazie al dehors e al giardino, il ristorante è in grado di ospitare 80 coperti all’aperto nel pieno rispetto delle norme sanitarie. Non mancano però salette più riservate, per chi preferisse qualcosa di più intimo, e ampie sale per eventi per chi come noi già immagina di organizzare innumerevoli aperitivi in compagnia per provare l’intrigante e inedita drink list.

Ho scelto di provare il menù degustazione da quattro portate (65 euro, bevande escluse) che è in carta accanto ad uno da sei (85 euro). Oltre a questi, la carta potrebbe sembrare limitata (tre piatti per ogni portata) ma si sposa alla perfezione con l’anima del bistrot: più accessibile, contemporanea e sempre attenta alla stagionalità. A mio giudizio è ben studiata e comunque capace di regalare spunti interessanti. Sulla scia del menù, la cantina non è estesa, ma alla portata di tutti e conta una ventina di referenze tra bollicine, bianchi e rossi.

Quello che noto immediatamente è che tutti i piatti, inclusi gli stuzzichini di benvenuto, sono realizzati con ingredienti selezionati con cura e trattati con tecnica impeccabile. La degustazione mi ha consentito di provare 4 dei 12 piatti in carta, ma prima di parlare dei piatti principali vorrei soffermarmi su una delle entrée, la Focaccia all’acqua di patate con Prosciutto di Parma 36 mesi. Solo a leggere la descrizione, chiunque avrebbe già l’acquolina. Avete mai provato il prosciutto ammorbidito in olio? Forse no, e quando si assaggia poi se ne vorrebbe mangiare una teglia intera! 

Ma veniamo al dunque, il menù. Uovo o provola? ossia l’antipasto, perché l’uovo non poteva certo mancare trattandosi di in uno dei ristoranti di Carlo Cracco, e questo era davvero ottimo! Un uovo trattato con la tecnica di “affumicazione” della provola su crema di cannellini accompagnato da patate, cipolla rossa di Tropea, taccole e insalata osmotizzata. Pazzesco.

Come primo piatto, ho assaggiato i Manfredi tonno, caglio e papaccelle. Caglio e tonno delicati al palato per lasciar spazio alle caratteristiche note dolci del peperone. Pazzesco, ancora.

Un consiglio: cercate di trattenervi dal finire l’ottimo pane ai semi di lino lievitato 60 ore (magari con l’olio di cui sopra) prima del primo, altrimenti vi sentirete già pieni! Ma il campo di battaglia non si abbandona per cui ho proseguito con la Pancetta di maialino, asparagi e fragoline: viene cotta a bassa temperatura per non far irrancidire il grasso, potendola servire croccante e morbida al punto giusto, promossa. A chiudere in bellezza, il dolce, Banana, caramello e arachidi che per capirci meglio era composto da una base di morbido pan di spagna, gelato alla banana, croccanti arachidi glassati e una leggerissima spuma di mou, equilibrio perfetto senza eccedere con gli zuccheri. Pazzesco, l’ho già detto?

Un percorso da poco più di un’ora e mezza, accompagnato dalla gentile presenza di Enrico Ottaviano, in sala, che ha saputo coinvolgere con informale cura durante il percorso. Altra nota non trascurabile è stata l’atmosfera, una vera coccola regalata dalle rilassanti note del jazz di sottofondo (forse ispirato dalla vicinanza storica del jazz club Capolinea) e dalla mise en place dal gusto retrò, perfetta per uno scatto da veri instagrammers.

Sicuramente è stato tutto un po’ ovattato dall’emozione di ritrovarsi seduti a cena, al tavolo di un ristorante, dopo mesi di pentole e delivery ma da Carlo al Naviglio si sta un gran bene. Posso confidarvi un segreto? Ho teso l’orecchio durante gli ordini dei vicini commensali per spiare i loro ordini, segnandomi i piatti da assaggiare per la prossima volta! Certamente è il posto da mettere in lista per la prossima cena all’aperto, e poi c’è un altro dettaglio da non trascurare. Il ristorante si affaccia sul Naviglio Grande, nella parte del naviglio meno caotica restando facilmente raggiungibile senza la scusa del “non troverò parcheggio”. Dotato di un posteggio dedicato risolverà alla perfezione il problema lasciandovi un unico gustoso cruccio: la scelta dei piatti da ordinare.

Dove: Via Lodovico Il Moro 117, Milano
Quando: Lun – dom per pranzo, cena e aperitivo. 

Testo spontaneo e foto di Laura Magnago

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