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Milano, ri-aperture coraggiose: Aalto Part of Iyo

Milano, ri-aperture coraggiose: Aalto Part of Iyo

Tra i ristoranti che affrontano la ripartenza con importanti novità c’è Aalto Part of Iyo, nella modernissima piazza Aalto, contigua a piazza Gae Aulenti: una nuova idea di cucina, senza confini, per una città protesa verso il futuro

Otto linee che si intersecano a formare un cerchio, senza il limite della circonferenza: è questo il significativo nuovo logo del ristorante Aalto Part of Iyo, che ha riaperto dopo il lockdown con una nuova idea di cucina, senza confini e articolata su tante direzioni, proprio come il logo sembra suggerire.

Oltre all’esperienza al Sushi Banco IYO Omakase, che è invariata dall’inaugurazione dello scorso 2019, la vera novità è infatti la cucina libera del ristorante gastronomico, che è del tutto inedita. Il patron Claudio Liu, cinese di origine e italiano di adozione, già colonna portante del ristorante IYO, l’unico stellato giapponese in Italia, ha inaugurato una collaborazione con lo chef, Takeshi Iwai, giapponese, ma ormai in Italia dal 2007. Ne risulta un vero e proprio viaggio gastronomico tra le culture di diversi paesi, in piatti che celebrano la materia prima e il gusto senza condizionamenti di stile, geografia o filosofia.

Claudio Liu e Takeshi Iwai

Nel menu degustazione (8 o 5 portate) c’è una continua stimolante altalena tra Giappone e Italia, che applica diverse tecniche giapponesi quali la fermentazione, la cottura sulla carbonelle e l’affumicatura a ingredienti nostrani, costruendo piatti armoniosi e ricchi di sapore, sorprendenti e sempre ben bilanciati. Ciò che conquista è anche la ritualità con cui si è invitati all’assaggio e l’estetica delle composizioni nei piatti. Non manca il dialogo con vini italiani e non solo: grazie al sommelier Savio Bina le portate sono abbinate a bollicine, bianchi e rossi, ma anche a Gin e Sakè, tè o altri liquori giapponesi.
L’architettura del locale, l’arredo e gli oggetti in tavola arricchiscono l’esperienza degustativa con dettagli estetici mai troppo strillati e sempre funzionali.

Piazza Alvar Aalto/viale della Liberazione 15 Milano
iyo.it/aalto

Nella gallery i piatti del menu degustazione di 8 portate.

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Iyo Aalto, il migliore sushi (e non solo) sopra Milano

Iyo Aalto, il migliore sushi (e non solo) sopra Milano

Nella Torre Solaria, a Porta Nuova, ora c’è un locale all’altezza dei migliori giapponesi di Londra o New York per location, cucina, servizio, cantina. Con un banco sushi e un ristorante dove si celebra l’omakase e la fusion. Ve lo raccontiamo

Il primo pensiero che ci è venuto in mente entrando a Iyo Aalto, il nuovo locale di Claudio Liu è che sono passati dodici anni da quando – 24enne insieme ai fratelli Giulia e Marco, poi diventati patron a loro volta – aprì Iyo Taste Experience. Un ristorante che stagione dopo stagione è cresciuto al punto di entrare nella piccola grande storia della cucina: nel 2015 divenne il primo locale di cucina etnica a conquistare una Stella Michelin, che mantiene tuttora. Da anni, Liu – italiano di origine cinese – sentiva l’esigenza di alzare ulteriormenente il livello e da innamorato della cucina giapponese, ha deciso di mettere a fuoco il tema con Iyo Aalto, insegna che nel nome unisce quella storica alla location in piazza Alvar Aalto, al primo piano della Torre Solaria, il grattacielo residenziale più alto d’Italia, con i suoi 143 metri e 34 piani. «Se mi avessero chiesto di decidere dove aprire il mio secondo locale, avrei scelto proprio quest’angolo di Milano» dice Claudio. Ed è difficile dargli torto, considerando che la piazza dedicata al designer finlandese è già alta rispetto al livello stradale e quindi dalle vetrate del nuovo ristorante, la vista è suggestiva.

Grande locale, grande cantina

Il locale – come tutti quella della famiglia Liu – è molto bello, progettato dall’architetto Maurizio Lai. Un layout che si articola in 320 mq suddivisi tra banco sushi, sala, dehors, cucina e la grande cantina a parete, che può ospitare fino a 1.600 bottiglie  da tutto il mondo – con sei diverse zone di temperatura – comprese quelle di distillati e whisky giapponesi. A curarla c’è Savio Bina, uno dei più bravi ed esperti sommelier italiani.I richiami alla tradizione millenaria della ristorazione giapponese si alternano a elementi contemporanei e design inediti. Dominano il porfido grigio verde e il legno di noce canaletto. Le lastre di porfido con finitura a spacco, provenienti dall’unica cava al mondo del Trentino, compongono il setto che separa la sala del ristorante dal banco sushi, distinguendo visivamente le due proposte. Il legno riveste le boiserie e i soffitti creano un’atmosfera calda e sofisticata. I dettagli in vetro, ottone e cuoio naturale caratterizzano e movimentano gli ambienti. Particolare attenzione è stata dedicata al progetto di illuminazione – dove la luce diviene un elemento importante del racconto – per valorizzare le superfici in legno, pietra e vetro e creare differenti scenari di luce per ogni tavolo.

Vige l’edomae zushi

Il banco sushi è la realizzazione di un desiderio coltivato a lungo dal patron: dare vita, in un luogo simbolo della Nuova Milano, a un rito che si trova solo in Giappone: per pochi intimi (otto, solo su prenotazione) si celebra lo spirito dell’edomae zushi, che affonda le radici nell’epoca Bunsei (1818-30) ossia la fase finale del periodo Edo (che in giapponese significa appunto Tokyo). Nell’omakase edomae, i nigiri sono preparati davanti all’ospite e serviti uno alla volta secondo una sequenza progressiva di grassezze e umami. È un percorso ricco, che alterna sushi espresso a intervalli di ‘cucina cucinata’ giapponese autentica, sia essa al vapore o alla griglia robatayaki, che fuma silenziosamente alle spalle dei sushi master Masashi Suzuki e di Luciano Yamashita. Un rito rigoroso, che obbedisce a fattori fondamentali come la stagionalità, la selezione quotidiana del pesce più pregiato, l’attenzione spasmodica al riso – che non può essere relegato a semplice complemento – le intolleranze e le idiosincrasie di ogni ospite. Ci siamo seduti al banco: per qualità del cibo, cura nella preparazione e creatività – dopo poche settimane di lavoro – siamo vicini alla perfezione. E le tre ore volano tra un boccone e l’altro.

Lo chef è pugliese (ma del mondo)

Il secondo ambiente è un vero e proprio ristorante gourmet, con 38 coperti, in cui lo smisurato patrimonio della cucina giapponese viene filtrato dallo chef  pugliese Domenico Zizzi, un talento che il patron ha riportato in Italia dopo cinque anni trascorsi in Giappone. Il punto di partenza sono i prodotti e i ‘modi’ del Sol Levante, interpretati liberamente, attraverso l’esperienza maturata al fianco di grandi nomi della cucina come Joël Robuchon, Carme Ruscalleda e Heinz Beck, per creare una cucina senza confini. C’è un grande lavoro di tecnica e ricerca sulla materia prima che affianca prodotti nipponici come mentaiko, nagaimo, yuzukosho e wagyu a cibi da tutto il mondo come i peperoni spagnoli ñoras, l’amaranto messicano o l’anguilla di Comacchio.

Cucina cosmopolita

I tre degustazione – Hitotoki (otto portate a 120 euro), Yasuragi (dieci a 135 euro), Ukiyo (tredici a 150 euro) – esprimono una sintesi lineare e armoniosa, vero una cucina sempre più cosmopolita e interconnessa, che dal cuore del Giappone muove verso l’Europa. E anche qui è poesia: Scampi, mele e amaranto; Wagyu, melanzane, aglio nero e yuzukosho; Dashi, 12 cereali e tsukemono di cetriolo; Anguilla, nagaimo e sansho; Yogurt azotato, crumble di noci e meringa. Bravi tutti, bravissimo Claudio Liu: impegno, passione, classe. Con Iyo Aalto non è solo lui a fare l’ennesimo salto di qualità in una carriera già notevole, ma Milano che può vantare un giapponese all’altezza di Londra o New York.

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