prezzi di alcuni alimentari al ribasso

prezzi di alcuni alimentari al ribasso

L’emergenza Coronavirus comincia a fare sentire i primi contraccolpi sul prezzo (al ribasso) dei generi alimentari

Non è solo il clima, quest’anno, a stravolgere il mercato della frutta e della verdura (le primizie sono arrivate con un mese di anticipo, dopo l’inverno anomalo, con temperature bollenti e privo di precipitazioni significative). Anche l’emergenza Coronavirus, con tutte le norme stabilite per cercare di contenere l’epidemia, comincia a far sentire i primi – e già pesanti – contraccolpi sul commercio dei generi alimentari. Ristoranti, bar e locali per la ristorazione hanno dovuto chiudere i battenti, e molti dei prodotti di stagione che venivano utilizzati in grande quantità dalla ristorazione sono rimasti invenduti e adesso vengono proposti a prezzi davvero stracciati.

I prodotti invenduti

Un esempio è il pesce: i ristoratori di Milano, i principali acquirenti sul mercato italiano, non lo stanno acquistando. Ma, allo stesso tempo, i pescivendoli non possono disdire i contratti con pescherecci, perché rischierebbero di compromettere anche i loro accordi futuri. Il pesce, quindi, in questo momento si trova in vendita a un prezzo decisamente conveniente.

Un discorso analogo è valido anche per le fragole che, normalmente, vengono acquistate dalle pasticcerie e dai ristoranti: in questi giorni si possono acquistare a circa 3 euro al chilo, contro i 5 o 6 della scorsa settimana. Anche gli asparagi, in questa stagione, fanno di solito gola ai ristoratori, che li propongono volentieri in menu: oltre la metà della produzione viene assorbita dai locali. Quest’anno non succederà: adesso che è entrata nel vivo la raccolta in Puglia e in Maremma, è disponibile un’enorme quantità di prodotto, venduta a prezzi davvero minimi.

La mancanza di manodopera

La Coldiretti segnala anche un altro problema dovuto al Coronavirus: la mancanza di manodopera per i nuovi raccolti, anticipati per effetto dell’inverno caldo. «Con i vincoli alla circolazione tra Paesi è a rischio più di un quarto del made in Italy a tavola che viene raccolto nelle campagne da mani straniere con 370mila lavoratori regolari che arrivano ogni anno dall’estero, soprattutto dall’Europa dell’est, come Romania, Albania, Bulgaria e Polonia. Sono molti i “distretti agricoli” del nord dove i lavoratori immigrati rappresentano una componente bene integrata nel tessuto economico e sociale come nel caso della raccolta delle fragole e asparagi nel Veronese, delle mele in Trentino, della frutta in Emilia Romagna, dell’uva, delle mele, delle pere e dei kiwi in Piemonte, dei pomodori, dei broccoli, cavoli e finocchi in Puglia».

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