Marche: un tesoro nascosto da scoprire

Marche: un tesoro nascosto da scoprire

«Vede, le nostre Marche sono belle come la Toscana, ma non sono di moda», dice Giovanni Meschini, ex manager di Poltrona Frau, ora dedito alla Fattoria Colmone della Marca, sulle colline argillose di San Severino Marche. «Eppure, chi ci scopre immancabilmente si innamora. Il motivo è semplice: non si sente estraneo. Anche se non possediamo il Colosseo o altri monumenti famosi, condividiamo la nostra normalità, che però è di altissima qualità. Restiamo artigiani nel produrre il vino come nell’accogliere gli ospiti. Quello che abbiamo è fatto per far star bene noi stessi, dai ristoranti alle cantine, ai piccoli hotel. Perciò i turisti si sentono a casa». Che poi gli va di lusso. Per esempio, tra vigneti che sembrano crescere su un campo da golf, la famiglia Meschini ha recentemente aperto uno spazio per le degustazioni: tra i vini, si assaggia un’edizione limitata di Terreni di Sanseverino, la Doc più piccola d’Italia, con portate di stagione. A maggio si può prenotare anatra all’uva sultanina, una ricetta locale tardogotica che si abbina gustosamente con il rosso Ciacco, mentre la vista spazia sulla Torre di Pitino e su quello stesso infinito di monti che ispirò Giacomo Leopardi.

Dante Duri invece ha la cantina più piccola della doc Serrapetrona, a Colleluce, sempre nel comune di San Severino. Quel cognome e quello sguardo si sciolgono quando parla dei grappoli che raccoglie a mano, togliendo a uno a uno gli acini rovinati; un lavoraccio per poco vino, ma è orgoglioso del suo Durante, ottenuto da uve di vernaccia nera passita, come dei concerti-aperitivo che organizza in estate sulla sua terrazza: jazz, vino genuino, pecorino, ciauscolo e tramonto sul Monte San Vicino. Insomma, la terra chiama.

A Venarotta, a dieci chilometri da Ascoli, Olga Riccitelli ha iniziato a occuparsi per divertimento di un uliveto di famiglia, finché non ha cominciato a far assaggiare il suo extravergine agli amici: «Prova l’olio mio», diceva. Quando è diventata un’attività ha tenuto il nome: Olio Mio oggi comprende un monocultivar, un blend e il Primo, fatto con la prima spremitura non filtrata. «L’olio marchigiano è una scoperta recente, ha bisogno di ambasciatori», racconta Olga, che ne ha fatto una missione. Perciò partecipa ai concorsi: «I premi servono a far conoscere il prodotto e la terra». Terra che lei stessa perlustra con curiosità per valorizzare altre specialità, come l’anice verde di Castignano, la mela rosa dei monti Sibillini, le olive all’ascolana – le sue preferite sono quelle del Vecchio Mulino di Roccafluvione – e le tagliatelle fritte di Monterubbiano, polpette di tagliatelle, besciamella, ragù, parmigiano. «L’unica cosa che ci manca è l’accoglienza. Ma sto attrezzando due strutture», conclude Olga, ricordando che includerà percorsi dedicati all’olio e al tartufo nero pregiato, altro oro dei suoi terreni.

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