la bibbia per i veri appassionati

la bibbia per i veri appassionati

Nella biblioteca dei veri appassionati di alta cucina c’è un nuovo libro che non potrà mancare: Tre Stelle Michelin, Enciclopedia dell’alta ristorazione mondiale con la storia dei 286 tristellati dal 1933 al 2020, edita da Maretti. Dire enciclopedia è tuttavia riduttivo, anche perché porta con sé un’aura di noia. Al contrario, questa è una piacevole lettura che attraverso la sconfinata cultura dell’autore riesce a fare una fotografia dell’alta ristorazione moderna, ma anche futura. L’ha scritta infatti un uomo che probabilmente avrebbe potuto entrare a buon titolo nel Guinness dei Primati, perché fino al 2007 era stato sempre in pari con le nuove assegnazioni delle tre stelle Michelin. Lui si chiama Maurizio Campiverdi, aka Maurice Von Greenfields, ed è il nonno, o il papà, che tutti i gourmet vorrebbero avere per andare sempre nei ristoranti migliori.

La passione di una vita

Primo ristorante tristellato a 12 anni. «Ero con papà in un viaggio d’affari. Eravamo in Francia, in Provenza: rimasi stordito dalla magnificenza di quella esperienza e fu come un’iniziazione che ti cambia il resto della vita», racconta Campiverdi. Bolognese, capitano d’azienda nella vita reale, Campiverdi ha la passione viscerale per la cucina e ha dedicato alla ristorazione e ai viaggi tutto il suo tempo libero, diventando accademico della cucina italiana, nonché possessore di una delle collezioni più grandi di menu che hanno fatto la storia. Ogni anno, quando la Rossa presentava le guide, lui metteva in carnet tutti i ristoranti per cui “vale il viaggio”, si organizzava e partiva. Dopo l’allargamento della Michelin verso Oriente, per sua stessa ammissione, l’autore ha dovuto mollare il tiro, ma vanta comunque il venerabile record di 194 ristoranti insigniti delle 3 stelle visitati nella sua vita, su 286 riconoscimenti assegnati in totale dalla guida. Nel libro, i tristellati che Campiverdi non ha potuto censire personalmente sono segnalati con la sigla N.V. (non visitato).

Tre stelle vuol dire esperienza

Inutile che i curatori della guida Michelin insistano sulla centralità della cucina, per Campiverdi è inverosimile che quella sia solo una componente, fondamentale, certo, ma non l’unica. Ci sono tristellati che Campiverdi definisce «culinary performance», come l’Ultraviolet di Shanghai: «Uno spettacolo di arte varia», lo definisce l’autore, «nel quale è coinvolta anche la gastronomia». Senza contare inoltre che l’esercizio di giudicare un locale, a qualsiasi livello, ha comunque una componente personale, influenzata perfino dall’umore del momento. Come dice Campiverdi, per andare in un qualsiasi ristorante, specialmente se si tratta di un tristellato dove si pagherà anche un bel po’, «bisogna essere di buonumore, andarci con entusiasmo e in buona compagnia». Perché basta poco per rovinarsi l’esperienza.

I piatti devono essere memorabili

Una chiacchierata con Campiverdi, per un appassionato di cucina, non stancherà mai, perché il buon Maurizio ha un bagaglio di aneddoti da raccontare per settimane. Come dimostra nel suo libro, una vera bibbia per appassionati, dei ristoranti ricorda benissimo lo chef, le atmosfere e, se lo meritano, anche i piatti. Perché è quello in fondo il confine: «Se uno chef ha davvero fatto centro ricordi anche i piatti che hai mangiato da lui».

Alta cucina ai tempi del Covid

Che la pandemia abbia dato un colpo di grazia al turismo in generale e con questo anche al settore della ristorazione è indubbio. Tuttavia Campiverdi è fiducioso che la paura cederà il passo alla voglia di concedersi piaceri edonistici. Magari allontanandosi un po’ meno da casa, ma in Italia ci sono ben 11 tristellati e si potrebbe pensare che è il momento giusto per approfittare di qualche posto liberatosi nelle lunghe liste d’attesa. C’è anche, fa notare Campiverdi, chi sta proponendo menu scontati per attirare la clientela. È il caso di Niko Romito con il suo menu dei vent’anni 20Reale20 a 150€: «Un’occasione da non perdere».

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