Angelo Sabatelli, dall’Asia alla Puglia in una stella Michelin

Angelo Sabatelli, dall'Asia alla Puglia in una stella Michelin

Sapori netti e riconoscibili, cucina senza spreco e territorialità rivisitata: è questa la filosofia di Angelo Sabatelli, anima rock della Puglia contemporanea

Puglia – Asia e ritorno. E’ questo, in sintesi, il viaggio percorso da Angelo Sabatelli, il cuoco più rock che si possa trovare oggi nella terra dei Trulli. L’aspetto pacato, tranquillo nasconde dentro di sé una danza di demoni, che soltanto il guizzo azzurro dietro l’occhiale permette di svelare. Nato tra le mura di casa, quando ormai non era più pratica così comune, ha svolto qualunque lavoro prima di capire che la sua strada fosse la cucina. Da lì è stato un fiume in piena incapace di arrestarsi: Roma, Jakarta, Hong Kong, Shangai, Mauritius. Dodici anni di tecniche, sapori e profumi orientali che gli si sono appiccicati addosso senza che se ne accorgesse. «Ho capito tutto quando sono tornato a casa. Prima non me ne ero accorto».

L’influsso orientale Di Sabatelli

E’ la sua cucina a svelarlo, quando alla tradizione aggiunge quel non so che capace di regalare al piatto uno sprint inatteso. «Parto sempre da un prodotto o da un’idea. Da lì cerco qualcosa che possa esaltare il gusto di questo ingrediente, senza snaturarlo, senza farlo diventare un piatto fusion, non mi interessa. Se cerco un gusto agrumato, utilizzo per esempio il sudachi, che sa di mandarino, per una sapidità intensa ricorro al miso. Adopero la cucina tradizionale come trampolino per gli ingredienti, ai quali aggiungo una piccola sfumatura extraterritoriale che dà valore aggiunto a tutto».

Il percorso professionale dello chef

Dopo l’Asia è il momento del ritorno in Puglia, alla Masseria Spina, dove arriva la prima stella. E poi scopre il suo nido, all’interno di un palazzo patrizio appartenuto a Giulio Romanazzi Carducci, un nobile del ‘500, nel centro di Putignano, che fa della semplicità la sua raffinatezza. Specchio della cucina di Angelo, all’apparenza semplice, frutto invece di grandissima tecnica e conoscenza delle materie prime, che prende spunti dal passato con squarci sul presente, in cui la Puglia è sempre grande protagonista. E la stella non tarda ad arrivare. «Ho cercato in tutti questi anni di dare valore alla mia terra, ai suoi prodotti, facendo anche tanta ricerca – spiega lo chef. In fondo sono stato fortunato, qui la varietà di ingredienti è incredibile, a partire dai vegetali, dai legumi e dai cereali. Un viaggio continuo nella cucina di un tempo e poi la riscoperta, fatta di studio e sperimentazione, per giungere infine a una identità mia».

Un viaggio di sapori

C’è tanto territorio nella carta di Sabatelli, in cui la parte vegetale occupa da sempre un posto speciale: «Ho cominciato ad alleggerire il mio menù dalle proteine animali tanto tempo fa, prima che fosse così di moda. Qui abbiamo la fortuna di avere una grandissima varietà di frutta e verdura, che possiamo cucinare freschissime, nel pieno del loro gusto. Senza contare tutte le specie antiche che poco alla volta sto riscoprendo… Da poco ho ritrovato i piselli nani di Zollino, me ne sono innamorato, sono tondi, gialli e hanno un gusto intenso, definito. Li servo su un hummus di piselli e fagiolini, capesante e caviale». Tra i prodotti preferiti da Angelo anche i formaggi, a partire dalla più conosciuta mozzarella, sino alla burrata, alla stracciatella, al caciocavallo…. «Ho cercato di far conoscere le piccole produzioni  artigianali. Alcuni dei miei piatti icona sono fatti proprio con i formaggi locali. Penso al “Datterino”, che è un’esplosione di sapore in bocca, data dall’equilibrio tra l’acidità del pomodoro e la dolcezza della stracciatella».

Il km zero rivisitato

Una cucina attenta, “vicina”, come ama definirla lo chef, fatta di ingredienti sempre freschi, che spesso recupera lui stesso: «Sono capace di fare la spesa anche due volte al giorno, per avere tutto freschissimo e per evitare lo spreco. Non uso più per esempio erbe inutili, che la gente non mangia. In questo momento c’è in carta un piatto in cui metto una foglia di ciliegia che lascio a macerare per un anno in aceto. Poi viene fritta: mangiandola si sente il tannino ma anche la punta acida che accompagna il piatto, rendendolo più ricco. Preferisco sempre un gusto netto, preciso. I clienti mi dicono che nella mia cucina si sentono i gusti di qualsiasi ingrediente. Credo sia diventata una mia firma, perché non amo mischiare le cose, preferisco avere cotture separate per tutto, per non sovrastare il prodotto. Concentro ogni ingrediente in modo che ogni boccone sia una sfumatura diversa».

Il concetto zero sprechi

Da più di cinque anni c’è un grande lavoro sull’utilizzo di ogni parte degli ingredienti, una attenzione nata ancor prima che la parola sostenibilità diventasse di moda. «Di ogni singolo ingrediente cerco di non buttare nulla – afferma Angelo. In carta ora c’è una fonduta di Parmigiano, io utilizzo anche le croste del formaggio in infusione per dare più struttura alla crema e più intensità al gusto. Quando cucino le carni, tengo gli scarti e ne ricavo un brodo, delle parti grasse ne facciamo un burro. I nostri scarti dell’umido sono risibili». E per il dopo pandemia, come crede varierà l’alta cucina? «La grande evoluzione sarà l’abbandono della carta e la scelta di un menù. Io ho ora due menù, e si può optare per la versione lunga o quella più breve, ma ho anche lasciato metà carta per il cliente che può scegliere ciò che vuole. Il concetto di carta da noi è ancora molto forte, piano piano cambieranno le cose anche qui». Cambi pure tutto chef, tranne la sua genialità.

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